“Non c’era quasi più un iscritto…”. Dopo anni di abbandono, l’associazione foggiana degli Industriali cerca di rilanciarsi con il nuovo presidente, il manfredoniano Gianni Rotice, eletto con il 99 per cento. Il nuovo asse sipontino (oltre a Confindustria, sono manfredoniani i vertici di Asi e Confcommercio), che ha scalzato gli edili foggiani guidati dal dimissionario Pino Di Carlo e dal vice Gianni Trisciuoglio, durerà in carica per 4 anni, dal 2014 al 2018. Ma resta da capire il peso e l’influenza dell’ultimo commissario, Eliseo Zanasi, per qualcuno vero ispiratore – assieme a Salvatore Mataresse – della “rivoluzione” nella Confindustria locale.
Presidente, un anno e mezzo fa non sentivamo altro che le critiche degli associati, giustamente inviperiti per l’assenza di servizi e di sostegno da parte dell’associazione. Che risultati, in termini di adesione, ha prodotto questa crisi del sistema?
Risultati disastrosi. Non avevamo quasi più un iscritto. Ci siamo indebitati fino al collo. Proprio da questa “disaffezione” degli associati è partito il nostro progetto di rilancio, che è passato dal commissariamento – un fatto storico per la Capitanata -, alle consultazioni dove sono state fissate le priorità, fino al voto. Il dato rilevante è che, dopo anni di politiche fortemente schiacciate sui cosiddetti “palazzinari”, sono stato sostenuto da diverse realtà che vanno dall’agroalimentare ai trasporti, pur essendo io un costruttore ma del segmento infrastrutture…
Per far ripartire la macchina, servono dei motori potenti. Su chi potete contare per la svolta annunciata?
Su una serie di aziende di tutte le dimensioni. Da Poste Italiane, ad Alenia, fino al Poligrafico dello Stato, Ferrovie dello Stato e Ferrovie del Gargano. Non solo, nel sistema dei trasporti abbiamo una delle realtà più interessanti del panorama europeo, Lotras. E ancora Ramundo e Cifaldi. Sul Gargano stiamo ricostruendo il settore dei lapidei, finora tenuto – bisogna dirlo – in ordine da Pizzillo. Grazie ad Antonio Di Nunzio punteremo forte sull’internazionalizzazione, ormai uno dei pochi fattori positivi del nostro sistema industriale che si regge sull’export, soprattutto nella logistica e nell’agroalimentare. Troia ed il Subappennino finalmente avranno rappresentanza con Eceplast di Nicola Altobelli. Il Basso Tavoliere, Cerignola in particolare, avrà degna rappresentanza con Amoruso e Cirulli. Ogni settore, tuttavia, avrà il proprio peso politico in base all’ampiezza economica del segmento, ma ognuno potrà esprimere la stessa dignità sul tavolo di Confindustria.
La sintesi tra queste “anime” sembra piuttosto complessa. Quale sarà la bussola che vi farà tener dritto il timone?
I progetti. A questo serve l’associazione: dobbiamo accompagnare le idee migliori dell’impresa, sfruttando il sistema di relazioni del nostro contenitore, con l’obiettivo di ripristinare l’autorevolezza che Confindustria ha perso in questi anni. Fino a poco tempo fa, in questi uffici, non veniva nessuno. Dovremo lavorare molto per rimetterci in carreggiata. Per il momento qualcosa è già stata fatta, come il ridisegno interno dell’apparato e la riduzione netta delle consulenze, e quindi dei costi. Sfrutteremo al meglio il personale che già abbiamo a disposizione.
Uno dei problemi più importanti per le imprese è il rapporto con il sistema del credito. Lei ha parlato di progetti, ma senza le banche la sfida è quasi impossibile…
Siamo consapevoli delle difficoltà che si incontrano quotidianamente e dell’importanza del sistema del credito. Per questo abbiamo pensato non solo di riprendere un discorso sereno con le banche, ma di “portarcele in pancia”: vogliamo che siano dentro Confindustria, solo così possono assumere la giusta consapevolezza della sfida. Il dato positivo è che abbiamo già un iscritto, banca Ifis. Ma con noi ci sono anche Unicredit, Banca Sanpaolo e Banca della Campania, oltre alla Popolare di Milano. Con loro attiveremo un tavolo permanente, sezione per sezione, perché le esigenze di credito non sono identiche per tutti.
Perché prima tutto questo non c’era?
No, forse perché si pensava solo alla piccola cerchia dei vertici. Diciamo che veniva gestito tutto come un club privato, fortemente corporativo. Anche noi dobbiamo fare autocritica, se un progetto non è credibile bisogna bloccarlo. Non contano più le “logiche familiari”, per cui se non sei “amico” non vai da nessuna parte. Il nostro non è un piano corporativo, chi non vuole può restare fuori. Un passo decisivo in questo senso sarà l’approvazione dello statuto il prossimo 13 novembre: finora questa associazione non aveva nemmeno delle regole interne. Qualcuno paradossalmente continuava a mantenere le deleghe, andandosene in giro, nonostante le dimissioni. È questo l’effetto di una gestione che aveva perso il controllo delle regole democratiche, perché qualcuno aveva dimenticato che siamo tutti presidenti pro tempore. Per di più, siamo particolarmente morosi, in una situazione di disagio finanziario per la quale abbiamo dovuto attivare un Piano di rientro. Stiamo recuperando 2 anni di quote non versate, con cifre variabili che hanno un minimo fisso in 500 euro l’anno. Un atto dovuto per un’associazione che ha un budget di 1 milione di euro.
Anche se è in sella da troppo poco tempo, c’è qualche risultato che vi fa ben sperare?
Innanzitutto le adesioni: da settembre sono andati via in 12, ma ne abbiamo iscritti 36. Questo è il primo segnale della nuova tendenza. La Capitanata ha delle potenzialità enormi, spesso frustrate dalle decisioni politiche e dai cattivi esempi. Non si parlava più con le altre associazioni di categoria, adesso abbiamo ripreso l’interlocuzione.
Pochi giorni fa, in occasione dell’anniversario della morte dell’imprenditore Giovanni Panunzio, il presidente onorario della Federazione Antiracket, Tano Grasso, ha criticato l’imprenditoria locale giudicandola assente davanti a questi temi. Lei che idea si è fatto?
Quando si pensa agli imprenditori si pensa a Confindustria ma non è così. Esistono molte altre associazioni di categoria. Non rappresentiamo, ad esempio, i numerosi piccoli commercianti colpiti dal fenomeno. Ma ho accolto con molto piacere l’invito all’inaugurazione dell’Antiraket a Foggia in Prefettura. Ma il tema andrebbe approfondito con incontri specifici per capire cosa si vuole fare davvero, anche perché noi rappresentiamo tutto il territorio provinciale, non solo Foggia città. Certo la sicurezza è fondamentale per gli investimenti, e molti sono fuggiti dalla provincia di Foggia anche per questo. Questo per dire che senza idee chiare, e programmazione, è difficile poter cavar fuori qualcosa di buono anche da questo tipo di iniziative.
(ha collaborato Francesco Pesante)