Il gup del Tribunale di Bari Roberto Oliveri del Castillo ha condannato a pene comprese tra i 12 anni e i 14 mesi di reclusione i 12 imputati nel processo cosiddetto “Malavita” sulla frangia giovanile del clan foggiano Sinesi-Francavilla. Gli imputati, processati con rito abbreviato, sono accusati a vario titolo di traffico e spaccio di droga, detenzione e porto di armi, rapine, estorsioni, furto per fatti risalenti al 2011.
Le indagini, coordinate dai pm della Dda di Bari Lidia Giorgio e Giuseppe Gatti, hanno consentito di sgominare una vera e propria organizzazione criminale con a capo il 23enne Antonio Salvatore, condannato a 12 anni di reclusione. Oltre 78 gli episodi di spaccio accertati dagli inquirenti, 1200 chili di cocaina confezionata e venduta, per un giro di affari stimato intorno ai 20mila euro mensili. Gli imputati furono arrestati da carabinieri e Polizia nell’ottobre 2013 e sono attualmente detenuti.
Base logistica del gruppo, la casa di Giovanni Perdonò e sua moglie Maria Annunziata Pollidoro (condannati rispettivamente a 4 e 8 anni di reclusione) con i loro figli Giuseppe e Raffaele (condannati a 8 anni). Tranne i coniugi Perdonò, gli imputati – definiti i “ragazzi di Sinesi” – hanno tutti un’età compresa fra 23 e 29 anni. Condanna a 10 anni di reclusione per Francesco Pesante, a 8 anni per Guido Siani, a 6 anni per Alessandro Aprile, a 4 anni per Alessandro e Pio Danilo Amorico, a 3 anni per Massimiliano Terrazzano, a 1 anno e due mesi per Pasquale Michele D’Angelo.
LE AVVENTURE DI “LASCIA LASCIA” & COMPANY
Volevano rimpolpare le fila del clan Sinesi-Francavilla ma per le giovani leve della criminalità foggiana il “sogno” è finito sul nascere. In un blitz congiunto tra polizia e carabinieri del novembre 2013, vennero assicurate alla giustizia 14 persone. Le accuse svariavano dal traffico di droga alle rapine fino a estorsioni e detenzione di armi da fuoco. Alla sbarra soggetti emergenti come Antonio Salvatore, detto “lascia lascia”, appena 22enne ma già a capo di un’associazione dedita a droga e rapine. In “Operazione Malavita 2” che seguiva la precedente datata 17 maggio 2013, furono beccati in sette mentre gli altri erano già in carcere per il provvedimento restrittivo di 5 mesi fa. Oltre a Salvatore furono arrestati Guido Siani, classe 91 detto “recchia a cingomma”, Francesco Pesante, classe 88 detto “lo sgarro”, Giuseppe Perdonò, classe 88 detto “scarafone”, Raffaele Perdonò, classe 91 e Maria Annunziata Pollidoro, classe 66, madre dei due Perdonò. Solo domiciliari, invece, per Giovanni Perdonò, il capofamiglia.
L’indagine prese il via nel 2011, dopo una impressionante escalation di omicidi. Morti ammazzati nella guerra tra i clan Moretti/Pellegrino e Sinesi/Francavilla. Una battaglia a suon di pistolettate che culminò con le uccisioni di Giuseppe Genzani e Claudio Soccio, anche loro giovani leve del crimine.
“Malavita 2” esaltò il lavoro sinergico di polizia, carabinieri, DDA di Bari e Procura di Foggia. Negli ultimi due anni, questa alleanza ha fatto emergere i percorsi criminali degli individui arrestati. Droga, innumerevoli episodi di spaccio, estorsioni, rapine e porto d’armi da fuoco. Tra gli arrestati spicca Antonio Salvatore, vicino al clan Sinesi/Francavilla. Salvatore era a capo di un’associazione armata dedita al traffico di droga oltre che responsabile di gravi rapine e estorsioni.
Il giovane gravitava soprattutto a piazza Padre Pio, all’ombra della statua del santo di Pietrelcina. Da lì impartiva ordini, minacciava e spacciava in compagnia dei suoi sodali. Ma non è tutto. Salvatore fu indagato per aver rapinato un imprenditore il 3 ottobre 2011 in zona piazza Pavoncelli. La vittima, fratello del titolare di una catena di supermercati di Foggia, venne bloccata e tramortita con il calcio della pistola da due giovani che, dopo l’aggressione, gli sottrassero la valigia contenente ben 25mila euro. La vittima era a bordo del suo mezzo quando i due, a volto coperto, lo raggiunsero in sella a una Yamaha TMax, intimandogli di scendere per poi rapinarlo.
Significativo il coinvolgimento nel traffico e nello spaccio di droga, oltre che di soggetti contigui al clan Sinesi/Francavilla (come Siani, Aprile e Pesante), di un intero nucleo familiare, con la partecipazione attiva dei fratelli Perdonò e dei loro genitori. Nell’indagine sono stati contestati oltre 50 episodi di spaccio, con sequestri di droga ed arresti in flagranza di reato a riscontro delle intercettazioni.
Come detto in precedenza, il lavoro degli inquirenti ebbe inizio all’indomani dell’uccisione di Claudio Soccio, un pesce piccolo nella guerra di mafia. Ma nonostante il suo scarso peso criminale, la morte di Soccio segnò la fine della “pax criminale”. Eh già, perché a trucidarlo per una mera questione di “appartenenza” fu – secondo gli inquirenti – Leonardo Gesualdo, 27enne arrestato in “Malavita 1”. Le immagini riprese dalla videocamera di un sistema di videosorveglianza della zona, ripresero Gesualdo, in compagnia di un complice, attendere l’arrivo di Soccio (detto il “sammarchese”) e fuggire dopo pochi minuti. Nel corso dell’attività investigativa, altre cinque persone vennero arrestate per reati “satelliti” relativi alle armi (con l’aggravante del metodo mafioso). Finirono in manette Savino Ariostino, Luigi Galano, Antonio Salvatore (sempre lui), Antonio Gesualdo (padre di Leonardo) e Pellegrino Pepe.
“Per quanto mi riguarda –disse l’ex capo della Mobile, Alfredo Fabbrocini – quell’omicidio segna un passaggio. Una sorta di episodio spartiacque nella guerra tra bande”. Bande composte ormai da giovanissimi dopo l’arresto dei grandi capi. Ragazzi poco più che ventenni ma già sfacciati e pronti a tutto “per dimostrare di essere buoni picciotti”, come ha spiegato Drago della Dda. A sorprendere fu la spregiudicatezza di Antonio Salvatore e la sua “bulimia criminale” per usare una frase di Fabbrocini. Droga, armi, rapine. Salvatore non si faceva mancare niente.