Prime condanne nel maxi processo alla mafia foggiana. Il Gup del Tribunale di Bari, Roberto Oliveri del Castillo ha sentenziato così: 14 anni al boss Raffaele Tolonese, 12 anni di carcere al genero Rocco Soldo, 8 anni al nipote Agostino Corvino e a Savino Ariostini, 6 anni al cognato Giovanni Russo e 3 anni per il figlio del boss Leonardo condannato per detenzione armi.
Secondo l’ordinanza “Corona”, Tolonese è il grande capo assieme a Roberto Sinesi, Antonello Francavilla ed Emiliano Francavilla. Tolonese, in particolare, rientra nella batteria Trisciuoglio-Mansueto-Tolonese. Batteria nella quale è presente anche Rocco Soldo, specializzato nella commercializzazione della droga ma anche in estorsioni, ricettazione, riciclaggio di auto e detenzione armi. Stessi incarichi di Agostino Corvino, anche lui condannato.
Fa invece parte della batteria Moretti-Pellegrino, Savino Ariostini, ritenuto, stando all’ordinanza, uno dei principali coordinatori delle attività delittuose. Giovanni Russo, altro condannato, rientra nella batteria Trisciuoglio-Mansueto-Tolonese e aveva il compito di curare il settore estorsioni. Infine, Leonardo Tolonese, 27enne, figlio del boss Raffaele, pizzicato per detenzione d’armi.
Savino Ariostini e Raffaele Tolonese furono tra i maggiori artefici dell’estorsione a Lello Zammarano (leggi-Lello Zammarano nei guai) e ad altri imprenditori locali come Renato Fattibene della “Fattibene Materassi”. Ariostini è tra i protagonisti anche delle intimidazioni a Matteo La Torre di Euronics (leggi-La Torre legami con Società).
MEMO
“Corona” risale al luglio del 2013 ed è tra le più importanti operazioni di contrasto alla mafia foggiana. DDA di Bari, Procura di Foggia, Squadra Mobile, Carabinieri, Guardia di Finanza, Ros, Gico, sgominarono una grossa fetta dei traffici della malavita nel capoluogo dauno.
Scattarono le manette per alcuni importanti personaggi della “Società”. Nella lista dei 24 arrestati spiccavano cognomi noti come quelli di Trisciuoglio e Francavilla, Lanza e Tolonese.
In “Corona” (chiamata così perchè “coronamento” di anni di lavoro) venne documentato l’organigramma della “Società”, la sua evoluzione storica e, in particolar modo, la sua capacità di assoggettamento esterno particolarmente efficace e penetrante.
La “mafia degli affari”, come ribattezzata dagli uomini della DDA di Bari. Una mafia fra tradizione e modernità, in grado di penetrare nel tessuto economico della città di Foggia. Nell’ordinanza cautelare balza subito agli occhi questa frase: “L’impresa diventa mafiosa e il mafioso diventa imprenditore”. È proprio attorno a questo modus operandi che si basa l’azione delle nuove leve della “Società” foggiana. Una “Società” che, come provato da “Corona”, è protagonista di numerosi fatti di sangue nell’ultimo quinquennio.
In questa operazione si è palesato il livello qualitativo e asfissiante del racket delle estorsioni che compromette la crescita dell’imprenditoria locale. Su questo punto è stata riconosciuta la sussistenza di 14 capi di imputazione per vicende estorsive.
La “Società” ha imposto le sue pretese economiche su ogni affare illecito della città, anche su quelli commessi da terze persone. È stato accertato persino un sequestro di persona commesso da 3 appartenenti al sodalizio mafioso e finalizzato all’ottenimento abusivo di un alloggio di edilizia popolare.
Poi ci sono le infiltrazioni nel tessuto socio-economico che si sono concretizzate attraverso pressioni a danno di aziende municipalizzate (il caso Amica) e nelle cooperative di servizi. Nelle strategie della “Società”, spiccano anche l’acquisizione di posizioni di potere nei circuiti produttivi foggiani e la pianificazione di complesse rapine a portavalori.
Da non sottovalutare i legami (e gli affari) con organizzazioni criminali come il clan dei Casalesi che si interfacciavano con il boss Raffaele Tolonese per fornitura di droga e contraffazione di banconote da 20 euro.
Il denaro e l’esercizio del business rappresentano oggi i due elementi aggreganti della mafia foggiana capace di relazionarsi con il narcotrafficante siciliano Paolo Lumia che da Barcellona riforniva di cocaina gli uomini di Tolonese.
Altri affari, la “Società” li ha conclusi con la mafia garganica. Affari e relazioni dimostrate dal lavoro della “batteria” dei Francavilla nel favorire la latitanza di Franco Li Bergolis, capo dell’omonima organizzazione, arrestato a Monte il 26 settembre 2010 dal Ros e dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Foggia.
24 le persone arrestate nella maxi operazione. 78 indagati, 4 morti durante le indagini, tutti considerati i cassieri della “Società”. Ricordiamo Franco Spiritoso, ucciso il 19 giugno 2007 a Piazza Libanese; Antonio Bernardo ammazzato il 27 settembre 2008 vicino la Chiesa di San Ciro; Michele Mansueto, ucciso il 24 giugno in Viale XXV Aprile ed infine Giosuè Rizzi sparato su via Napoli il 10 gennaio del 2012.