- In occasione dell’inaugurazione dell’associazione antiracket “Giovanni Panunzio” a Foggia, tutti i presenti all’evento hanno chiesto a gran voce la costituzione di parte civile delle amministrazioni locali (e non solo) nei processi per mafia. Tano Grasso in primis ha citato il processo scaturito dall’Operazione Corona nella quale vennero pizzicati oltre 20 esponenti delle batterie criminali della “Società foggiana”. Nell’ordinanza su “Corona” di quasi 700 pagine, ce n’è per tutti i gusti. Oltre alla ricostruzione dettagliata della mappa dei clan locali, il giudice Di Paola focalizza l’attenzione sui principali business della Società. Al centro degli affari c’è il racket delle estorsioni, talmente penetrante in città da rimbalzare agli onori della cronaca nazionale nelle ultime settimane. Il racket delle estorsioni rimpingua le casse della mala ancor più della droga e va a toccare esponenti più o meno noti dell’imprenditoria locale. Non solo Lello Zammarano (leggi – Lello Zammarano sempre in mezzo ai guai), più volte protagonista (assieme ai propri fratelli) della cronaca negli ultimi anni, ma anche Matteo La Torre, numero uno di Euronics.
“In costante contatto con gli ambienti criminali foggiani”
- “Se io vi do i 3mila euro voglio stare tranquillo almeno, o no?” Nell’ordinanza del Tribunale Civile e Penale di Bari – sezione Gip, emergono i legami tra Matteo La Torre e la “Società”. In un’intercettazione, l’imprenditore si lamentò per il furto a uno dei suoi capannoni palesando il proprio malcontento per non aver ottenuto adeguata sicurezza. Per le minacce nei suoi confronti sono indagati Savino Ariostini, Ernesto Gatta, Ciro Imperio e Massimiliano Cassitti. Gli indizi a carico degli indagati provengono dal contenuto di una conversazione che venne intercettata il 21 agosto 2009 all’interno dell’abitazione di San Salvo dove Tolonese era sottoposto ai domiciliari. Nel corso dell’intercettazione, lunga e articolata, emergono alcuni elementi elencati nell’ordinanza. Il primo: l’identità dell’imprenditore che ha subìto un furto di merce per un ammontare considerevole. Il secondo: i legami di parentela tra l’imprenditore e Cassitti (circostanza verificata e documentata). Il terzo: la richiesta di intervento avanzata dall’imprenditore a Cassitti per recuperare la refurtiva, eventualmente dietro pagamento di una somma di denaro. Il quarto: il disappunto dell’imprenditore per l’accaduto, a fronte dei costanti versamenti di somme di denaro in favore della criminalità organizzata foggiana che non avevano garantito la tranquillità che l’imprenditore intendeva assicurarsi. Il quinto e ultimo: la decisione dell’imprenditore, a causa del mancato recupero della refurtiva, di non versare più le somme a titolo di tangente.
“Elementi precisi – si legge nell’ordinanza – e in sintonia col malcostume diffuso tra alcuni imprenditori che ritengono di garantire i beni aziendali dal rischio furti e danneggiamenti, soggiacendo alle richieste periodiche in favore di esponenti della criminalità che controllano il territorio. La spontaneità delle dichiarazioni del Cassitti che parla in un ambiente ritenuto evidentemente sicuro, trattandosi di abitazione privata dove egli opera, garantisce la genuinità e veridicità delle dichiarazioni rese. L’atteggiamento del La Torre è anch’esso in parte comprensibile per quanto riferisce il Cassitti (non risultano denunce di furto sporte da La Torre nel periodo in cui è avvenuto l’episodio narrato da Cassitti; ciò non mina la credibilità del racconto, ma anzi si pone in consecuzione logica con l’intento di La Torre di cercare di recuperare la refurtiva, facendo intervenire personaggi vicini alla malavita locale), per altro aspetto risulta coerente con un episodio di danneggiamento doloso subìto da automezzi della ditta del La Torre nell’anno 2001 (quindi in epoca che si avvicina a quella in cui il La Torre ha iniziato a corrispondere le tangenti di cui parla al Cassitti). Ad integrazione del quadro complessivo delle vicissitudini del La Torre – si legge ancora nell’ordinanza -, va ricordato che l’imprenditore è stato vittima di un altro furto di ingente valore, denunciato il giorno 8 dicembre 2009 presso la Questura di Foggia. A poche ore dalla denuncia di furto, La Torre rinveniva la refurtiva in un capannone della periferia di Foggia; la circostanza induce a ritenere che, in quell’occasione, La Torre sia stato in grado, dietro adeguato compenso, di recuperare la refurtiva, operazione che invece non era riuscita nell’episodio narrato da Cassitti, così dimostrando di essere in costante contatto con gli ambienti criminali foggiani”.
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Schema della “Società foggiana”
Nello schema della “Società foggiana” tracciato dagli inquirenti in occasione dell’Operazione Corona, c’è un quadro dettagliato su capi e organizzatori dei clan. In cima ci sono Roberto Sinesi, Raffaele Tolonese, Antonello Francavilla, Emiliano Francavilla, unitamente a Rocco Moretti, Antonio Vincenzo Pellegrino, Federico Trisciuoglio e Michele Mansueto (deceduto). Tutti indagati in “Corona” perché dirigevano e coordinavano, anche quali componenti di vertice delle batterie di riferimento (Sinesi/Francavilla, Moretti/Pellegrino e Trisciuoglio/Mansueto/Tolonese), le attività delittuose programmate dal sodalizio. L’“Operazione Corona” ci ha regalato uno spaccato di vita, morte, sangue e denaro della Società. Caposaldo del business: il racket delle estorsioni. Il fenomeno ha colpito, nel corso degli anni, uomini più o meno noti del panorama imprenditoriale di Foggia. Soggetti che, sotto minaccia, hanno riempito le casse della Società e rifornito i garage dei boss di nuove e fiammanti automobili. Nello schema ricostruito dal Tribunale di Bari, emergono organizzatori, batterie ed elementi trasversali. Alcuni dei nomi che leggerete, sono comparsi nel capitolo riguardante Matteo La Torre.
Organizzatori: Savino Ariostini, Francesco Sinesi e Pasquale Moretti gestivano (Sinesi per la batteria omonima, Ariostini e Moretti per il clan Moretti/Pellegrino) le attività delittuose come estorsioni, banconote false, rapine e contraffazione.
BATTERIA Trisciuoglio/Mansueto/Tolonese: Salvatore Buono (ricettazione e riciclaggio auto e commercio droga); Agostino Corvino (come Buono); Luigi De Stefano (estorsioni); Felice Direse (partecipe a sodalizio e mantenuto economicamente dallo stesso); Giovanni Pepe (estorsioni, deceduto); Salvatore Prencipe (come Direse); Giovanni Russo (estorsioni); Antonio Sabetta (armi); Rocco Soldo (commercio droga, estorsioni, ricettazione e riciclaggio auto, detenzione armi); Fabio Trisciuoglio (estorsioni); Giuseppe Trisciuoglio (estorsioni, gestione attività economiche e gestione cooperative sociali).
BATTERIA Sinesi/Francavilla: Nunzio Aprile (estorsioni); Carlo Borreca (estorsioni e armi); Pompeo Brattoli (estorsioni); Roberto Di Sibbio (estorsioni e omicidi); Alessandro Lanza (estorsioni e rapine); Mario Lanza (rapine); Antonio Pegna (gestione attività economiche e gioco d’azzardo); Ciro Stanchi (estorsioni e rapine).
BATTERIA Moretti/Pellegrino: Mimmo Falco (rapine e armi); Ernesto Gatta (estorsioni); Pietro Stramacchio (armi, rapine, estorsioni, contraffazione banconote false).
Elementi trasversali: Cesare Antoniello (per le infiltrazioni nel tessuto politico, economico e imprenditoriale); Luigi Carella (rapine e detenzione armi); Michele Carella (armi, estorsioni e ricettazione); Massimiliano Cassitti (estorsioni e banconote false); Mario Clemente (armi e rapine); Daniele De Cotiis (ricettazione e riciclaggio auto); Antonio De Sandi (rapine); Michele Ragno (ricettazione e riciclaggio auto); Giosuè Rizzi (deceduto, partecipe stabilmente al sodalizio dal quale percepiva mantenimento economico); Antonio Russo (ricettazione e riciclaggio auto); Michele Testa (ricettazione e riciclaggio auto); Giuseppe Zucchini (per le infiltrazioni nel tessuto politico, economico e imprenditoriale).