“Non fanno bene le uscite autoreferenziali sul rinnovamento, come dice il sottosegretario Ivan Scafarotto. Messo alla prova non è stato granché: di chi è la colpa?”. La domanda se la pone Claudio Sottile che precisa: “Ma io sono un eretico, un osservatore esterno”. Uscito tre anni fa dal Pd, approdato nei Moderati e Popolari, che poi si sono sciolti, si è riscritto al Pd per le primarie sostenendo Augusto Marasco. In quella competizione la corrente renziana, ricorda, non ha brillato. Il deputato pugliese Scalfarotto aveva espresso l’istanza di un rinnovamento nei metodi e nei contenuti, cosa che non si sarebbe verificata a Foggia, quindi il corollario inevitabile della sconfitta.
Sottile lo definisce “un assioma”, e lo respinge mentre il Pd riflette sulle cause degli esiti negativi a Foggia, Orta Nova, S. Severo e Lucera. Il segretario provinciale Raffaele Piemontese ha fatto una lunga dichiarazione sulla portata del voto, esortando i circoli a discuterne. Con un avviso: “No alla caccia alle streghe”. Ma i tempi delle analisi compiute dai partiti sono più lunghe di quanto si possa immaginare, hanno un loro timer personale, Sottile lo sa e lo dice: “ Si vorranno prendere i loro tempi…A me sembra, comunque, che quella di Scalfarotto sia la stessa polemica che gira a livello nazionale, dove si rinnova si vince, dove non si rinnova si perde. Sembra che di rinnovamento ci sia solo lui”, cioè, appunto, Scalfarotto.
“Il tentativo di rinnovamento è stato fatto, io non mi sono candidato, Peppino D’Urso nemmeno, ci siamo fatti da parte. Quelli che volevano rimanere sono rimasti e i “vecchi” sono stati i migliori, quelli che hanno portato i risultati, diversamente i risultati sarebbero stati peggiori Se il rinnovamento non è confermato dai voti poi diventa uno slogan”. Alla ricerca delle responsabilità in questi giorni, si tratta di capire se si spalmano su una serie di concause o si concentrano sui dirigenti, in particolare sul segretario provinciale, e basta. L’ ex consigliere comunale propende per la prima ipotesi: “Bisogna uscire dalla stanze, parlare al popolo e non solo alle èlite, alla gente che ha i problemi, del resto una forza che si dichiara di sinistra dovrebbe fare questo. Non ci sono responsabilità individuali ma diffuse, serve un esame di coscienza serio. Se la città ci ha destinato all’opposizione abbiamo una lunga traversata nel deserto. Bisogna lavorare per riconquistare la città, da ora”.
A spoglio non concluso, era stato il primo a dichiarare apertamente quello che pensava: “Eravamo troppo convinti di vincere”. Ritornando a freddo sull’argomento: “Dopo l’accordo con Di Gioia ci siamo seduti, poi la polemica con Lonigro, quella sui limiti culturali dell’avversario, fino a toccare il fondo con quel dibattito televisivo”.
Oggi anche Lorenzo Frattarolo, il candidato renziano delle primarie, poi in lista con Marasco, commenta i risultati: “Sarebbe miope e temerario far finta di niente, in presenza di un risultato amaro e negativo che chiama in causa pesantemente le responsabilità dell’intero gruppo dirigente. Punto il dito contro i metodi, contro una visione politicista ed ambigua che sembra dare più importanza a federare i potentati che a parlare ai cittadini”. L’accusa mira ai retroscena degli scontri interni e delle fazioni l’un contro le altre armate, ma niente “caccia alle streghe”, nessuna condanna in blocco, nessuna assoluzione facile: “Penso che quello delle comunali di Foggia 2014 abbia riempito la quota di suicidi ammissibili da parte del Pd per almeno un decennio.” Insomma confine superato, si può solo andare avanti.