“Non ne sapevo nulla di quanto accadeva qui”. Nelle contrade e stradine tratturali che si allontanano dal perimetro di case che circondano la Torre fortificata dei cavalieri, coltiva il grano e cura l’uliveto l’agricoltore che alla luce delle notizie sulla natura e provenienza dei rifiuti tombati si dice “preoccupato”. Chi ci vive a Borgo Libertà, a un tiro di schioppo dal mondezzaio interrato di Cerignola, era consapevole dell’attività di sversamenti illeciti nei terreni di Pelullo, inchiodata dall’operazione Black Land. “Sapevo che avvenivano queste cose qui in quei terreni, e tempo fa sono anche andato personalmente all’Ufficio Ambiente del Comune di Cerignola a raccontare quanto si sospettava accadesse lì”.
È quanto appreso dai rappresentanti dei residenti nella comunità rurale a 18 chilometri dal centro abitato, adagiata nell’incanto seducente di distese verdi e gialle, con profumati tocchi di colore qua e là. Un bucolico scenario sperduto e silenzioso che, suo malgrado, si è rivelato essere ideale terreno di smercio per il mercato nero dei rifiuti campani. A ridosso della diga Capacciotti si seppellivano tonnellate di rifiuti mascherati in camion che all’apparenza trasportavano sabbia, caricata sulla parte superiore del mezzo.
“Qui l’unica denuncia in nostro possesso è quella dei Carabinieri. Non ho documenti che attestano denunce di privati cittadini né comunicazioni verbali a riguardo, anche perché non è questa la sede. Magari il cittadino immagina che sia l’Ufficio Ambiente a occuparsene, ma è materia degli uffici di Procura”, riferisce a l’Immediato il dirigente Custode Amato. Neanche al Comando di Polizia municipale -assicurano- sono mai pervenute segnalazioni di residenti di Borgo Libertà. I vigili urbani sequestrarono già lo scorso luglio terreni oggetto di sversamenti inconsapevoli, su denuncia degli stessi proprietari degli appezzamenti di zona Toppo Russo e Coppa Tonti, in prossimità della diga Capacciotti.
Sono stati loro a segnalare gli scarichi illeciti: 10 in zona Toppo Russo, che secondo una stima approssimativa potrebbero pesare 300 tonnellate, tra rifiuti solidi urbani e altri materiali non identificati a causa dell’incendio. È di circa 300 tonnellate anche l’entità degli sversamenti in località Ragucci, nei terreni di proprietà di Francesco Pelullo, dove ieri mattina il Noe e la Dda di Bari hanno dato avvio alle operazioni di carotaggio, poi sospese per la presenza di materiali ferrosi.
L’esito dei campionamenti effettuati nell’area estesa per circa 7 ettari sarà noto entro trenta giorni, fanno sapere i Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia, senza nulla aggiungere alle comunicazioni stringate pervenute ieri dalla Dda, che smentiva la presenza di rifiuti tossici radioattivi trapelata in mattinata, pur sottolineando l’ “elevata pericolosità” rispetto ai rifiuti rilevati in altri territori.
Si dovrà verificare la rispondenza con quanto dichiarato ai Carabinieri al momento del sequestro giudiziario della cava dallo stesso Pelullo, che assistito dal suo legale di fiducia, Michele Pierno, dichiarava che nel suo terreno gli scarichi ammontano a complessivi 30, e riguardano rifiuti urbani non assimilabili, pezzi di plastica e stoffa, e rifiuti speciali non pericolosi. Il tutto riunito in balle. Lo hanno verificato gli uomini in borghese che nel giro di perlustrazione per la rilevazione di discariche abusive il 13 novembre colsero in flagranza di reato gli smaltitori abusivi di località Ragucci.
All’interno dell’area di cava c’erano due camion bianchi. Il primo aveva già completato le operazioni di scarico, mentre l’altro, a pieno carico, è stato poi trasferito presso le strutture della locale società di smaltimento rifiuti e affidato alla custodia di Francesco Vasciaveo, amministratore della Sia. Sul posto operava anche una scavatrice, il cui conducente si è dato alla fuga, a bordo di un’auto parcheggiata nel tratturello adiacente, all’intimazione dell’alt da parte dei Carabinieri (è stato poi rintracciato qualche ora dopo).
Di quanto avvenuto ieri, nessuna comunicazione è pervenuta al sindaco di Cerignola, Antonio Giannatempo, massima autorità sanitaria locale. Ha appreso dai giornali la notizia degli scavi e si dice preoccupato circa l’incognita dei campionamenti.
“Al momento -dichiara il sindaco a l’Immediato- oltre alle notizie che abbiamo letto tutti sui giornali, non ho altro tipo di informazioni. Certo la preoccupazione c’è. Non siamo una terra dei fuochi, ma terra a rischio questo è sicuro”. È stato l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro a sottolineare in una nota diffusa ieri la minaccia del rischio ambientale per la terra di Capitanata, avanzando la richiesta di un incontro con il ministro per estendere il “decreto Terra dei Fuochi” anche alla Capitanata, con la possibilità di utilizzare le risorse economiche poste a sequestro penale “per le esigenze di caratterizzazione e per rendere innocue le situazioni a rischio”, evitando le lungaggini della confisca e di gravare sugli enti locali.
“Sono d’accordissimo con Nicastro, che i beni sequestrati vengano subito utilizzati per bonificare, senza aspettare altri finanziamenti. Né si può pesare due volte sui cittadini, che subiscono il danno ambientale e anche il rischio di una spesa economica non indifferente”, commenta il primo cittadino di Cerignola. “Noi non possiamo intervenire, perché c’è l’azione della Magistratura che deve fare il suo corso, ma cercherò un colloquio con il magistrato -l’impegno assunto dal sindaco- perché non possiamo stare in questo stato di pre-allerta”.