Chissà se lo hanno ascoltato i politici nostrani il discorso di Nunzio Galantino a Ballarò. Il segretario generale della Cei (conferenza episcopale italiana) e vescovo di Cassano all’Jonio, infatti, ha sferzato con veemenza sulla “casta”. Con qualche sorriso velato, ha immediatamente chiarito a Giovanni Floris di aspettarsi qualche domanda sui “privilegi” di chi detiene un potere particolarmente ampio: “Questa me l’aspettavo – ha ribattuto al conduttore, che gli chiedeva se avesse una casa a Roma da 700 metri quadrati come il cardinal Tarcisio Bertone -. Non ho una casa di 700 metri quadri né a Roma né altrove. A Cerignola dove abito io, dove adesso abita mia sorella in verità, è una casa popolare, ma come tante case in cui abitano tanti vescovi, ve lo garantisco io”. Non poteva essere altrimenti, per chi si è impegnato sin dal primo momento in uno dei quartieri a rischio nella città di Giuseppe Di Vittorio, quella “Terravecchia” per lungo tempo “cuore terribile”, dall’elevato fascino sprigionato dalle sue strette viuzze, dai vicoli serpeggianti, dalla luce soffusa che mitiga ogni contrasto.
Del resto, è qui che da parroco Galantino è stato “tra la gente”, dalla prospettiva particolare della chiesa più antica di Cerignola, San Francesco d’Assisi, che da molto tempo proietta l’austero suo sguardo sulla vita del quartiere. Deve aver rimembrato quei giorni il vescovo cerignolano, quando ha esortato a cercare la “Grande Bellezza” nelle persone: “Tutti conserviamo il desiderio di incontrare persone capaci di raccontarci concretamente, in maniera credibile, la bellezza della vita, la forza e la bellezza delle relazioni, raccontarci e farci toccare con mano il grande valore della coerenza. Il successo del Papa ci dice che noi non siamo proprio rovinati, abbiamo ancora questo grande desiderio di incontrare persone come lui”. Sarebbe questo il segreto del successo di Papa Francesco, rafforzato dalla “mancanza o scarso numero di persone capaci di ridestare dentro di noi questo desiderio”. Quindi, “da una parte – ha sostenuto il presule – ringraziamo il Padreterno perché ha messo sulla nostra strada quest’uomo e diciamolo anche, grazie a Dio, non è l’unico, non è il solo; dall’altra questo c’interpella. Come mai tanta gente non cerca dove abita queste persone che dicano la bellezza della vita, la bellezza delle relazioni, la coerenza della vita? Questo ci dice che dobbiamo lavorare un po’ di più tutti quanti”. Ecco che, allora, non solo la “casta ecclesiastica” dovrebbe per così dire autoregolarsi (“se il Papa ha un modo di fare e compie dei gesti che sono evidentemente ispirati alla sobrietà, alla semplicità, è chiaro che se io vescovo ho uno stile che è lontano da quello del Papa, divento ridicolo”), ma anche la politica dovrebbe tornare “sulla strada”.
“Vorrei dare un giudizio veramente positivo di questa nostra classe politica – ha spiegato – e, incontrandone alcuni, questo giudizio positivo può essere dato, anzi deve essere dato; però, lo spettacolo che in genere dà la nostra politica italiana non mi pare che sia in linea con le attese della gente, con i problemi della gente”.Prima di concludere con una esortazione: “Chiederei davvero ai politici di stare un poco di più per strada. Come noi sacerdoti dobbiamo stare un poco di più per strada non solo per far processioni, ma per conoscere meglio le istanze della gente, per dire alla gente che stiamo con loro e siamo persone come loro, gradirei che anche i politici stessero un po’ di più per strada”. Un messaggio che, evidentemente, dovrebbe valere al di là del tempo destinato alle campagne elettorali.