
Gestire gli ardori prelettorali dei candidati sindaci, mantenendo il canovaccio di un incontro “semiserio” quale era nelle intenzioni, non è stato semplice. Gioacchino Rosa Rosa, scrittore, guastatore, profondo conoscitore della realtà foggiana, ci è riuscito, con maestria. Certo ha dovuto fronteggiare le impennate di Lucia Lambresa sulle aziende partecipate fallite. Esempio: duello con Gianfranco Piemontese sui “70 spazzini che pulivano gli uffici dell’Amica”. L’ira dell’ex vicesindaco: “C’è un’indagine sull’azienda, parlate sapendo ciò che dite, avete svenduto la città e i suoi gioielli e i cittadini pagano i debiti”. In realtà il candidato de ‘L’Altra sinistra’ Foggia non l’ha mai governata, ma nel sovrapporsi di battute e risposte, il centrodestra e il centrosinistra sono finiti a tratti in un’indefinita poltiglia. Cui Martorana, che corre per Nuovo ordine nazionale e Forza Nuova, ha dato la sua benedizione: “Votate sempre per gli stessi e vedete che non cambia nulla”. Questione olio di ricino nel terzo millennio: “Lo userebbe?”, domanda il marito di una farmacista, cioè Gioacchino Rosa Rosa: “la parte democratica ha trovato altri metodi”. Una cosa vuole, “la moneta locale per abbassare le tasse”. Lo studio sulla materia è avviato.
La tensione si tagliava a fette nell’ultima parte del dibattito. Nemmeno la musica beffarda della Pantera rosa o l’irruzione di comizi alla Cetto La Qualunque dalle casse piazzate sul marciapiede, davanti alle vetrine della libreria Mondadori, riuscivano a rasserenare i volti tesi. Ahinoi, poteva arrivare da un momento all’altro chi diceva più di te e la frittata era fatta.
Presenti sei candidati su nove. Si comincia dai programmi
Assenti Landella (al suo posto è stata collocata una sedia regale e damascata coi bordi in oro, ma senza schienale) e Di Gioia: “Uno ha il “rappigno” – cioè un nodo alla gola, l’interpretazione dell’assenza da parte del mattatore Gioacchino- l’altro è al palazzo di fronte, arriva”. Non è arrivato. Illustrare il programma sapendo bene che chi ti interroga vuole, ad esempio, promuovere il torcinello nei ristoranti cinesi invece dell’involtino primavera e sostituire la statua di Giordano con quella di Zeman, o fare dello scagliozzo “patrimonio mondiale”, ti dispone all’ilarità identitaria. E via con le domande su Foggia, dalla storia alla cucina, al numero di strade. Una serie di quiz in cui il pubblico ha più volte preso la parola. In ogni caso gli aspiranti primi cittadini erano preparati. Non c’era nemmeno Fiano, della lista civica ‘Onda di popolo’
Marasco estrae il documento: “Ho votato alle primarie del’8 dicembre”
Rideva di gusto Marasco alle battute dell’intervistatore, era il più sereno. E basta con questa storia che si poteva indifferentemente presentare anche col centrodestra. A un certo punto ha messo le mani in tasca e ne ha estratto un biglietto mentre i fotografi scattavano che è una bellezza. “Questa è la ricevuta della mia partecipazione alle primarie dell’8 dicembre”. Insomma candidatura documentata e identificata, una specie di “Fornisca il documento, prego.”. Stacchetto: scrivete il nome del futuro sindaco sul quaderno tranne che il vostro. Dunque tutti aprivano la prima pagina dei taccuini intonsi e scrivevano, unico momento in cui il viso si rilassava atteggiandosi pensoso. Marzia Campagna, addetto stampa della libreria Mondadori, interloquiva con Gioacchino e riportava l’ordine dei sorrisi quando la tensione stravolgeva il tenore della discussione.
Miranda narratore, Piemontese dandy dal bilancio partecipato
Il più pacato, Marasco, il più scanzonato, il leader dei cinque stelle Vincenzo Rizzi: “Chi se ne va dal movimento vuol dire che ha altrove il senso della sua vita”. Il più narrativo Luigi Miranda col suo slogan ‘La mia città sogna’. Che in un paese normale sarebbe un’ode all’ I have a dream, da noi l’esegesi esatta la fa Rosa Rosa: “ma non è che s’adda scetà?”. Appunto, “sogna di essere una città col verde, senza coprifuoco alle otto di sera sul viale della stazione, con strade senza buche”. Marasco insiste e incalza: “Foggia deve riprendersi la sua autorevolezza e non andare sempre col cappello in mano a Bari o ai tavoli ministeriali”. Ma lei chi è, Bruto che ha tradito Mongelli, l’amico dei costruttori, chi è? Gliene hanno detto tante, l’occasione per riprendere la vulgata nel colloquio informale. Il più dandy, Gianfranco Piemontese col suo papillon di cui, si sospettava, volesse rendere “obbligatorio l’uso dopo un’eventuale elezione”. Si scherzava: “Vogliamo il bilancio partecipato, non è possibile che i cittadini contino solo ogni cinque anni quando si deve votare”. Poi: “Foggia è bella, guarda quel palazzo di fronte, basta il giusto tono di colore per ritrovare l’800”.
La piazza tira, Lambresa sfiora il comizio, Rizzi fa il gioco della torre
La più grintosa, vagamente tendente al comizio perché la piazza tira era Lucia Lambresa: “Rispetto la fila, in politica come nella via, ma se mi passano davanti divento una bestia”. E’ stata vicesindaco dopo essersi candidata a sindaco, dopo si è dimessa ora si ricandida a sindaco: “Putim fa ‘sta cummedia?”. Scelte ponderate, “i candidati sono venuti loro a chiedermi di entrare in lista”. Ma il culmine dello scontro si è materializzato quando Piemontese ha richiamato la FedericoII airways: “Le municipalizzate distrutte dal fagiano che vola”. Un voto unanime, anche il centrosinistra era d’accordo, “con gli slogan si fa audience ma non puoi fare il sindaco, il peggio è arrivato dopo”. Il più disinvolto Rizzi, dei cinque stelle: “Litighiamo nei gruppi ma evidentemente chi contesta non ha da noi la sua storia”. Nel gioco della torre butterebbe giù lo stadio al posto del Giordano, cioè la cultura invece che pane e pallone. So’ voti, vabbè. Il suo nemico Nunzio Lops nei 5 stelle, giù dalla torre o Mongelli?”. Il sindaco uscente, manco a dirlo.
Il profumo degli scagliozzi
Al ballottaggio simulato fra Landella e Di Gioia ha vinto Di Gioia, ma uno ha scritto: “Io io mi faccio i fatti miei”. Non è inverno, non è tempo di scagliozzi, comunque la memoria dei punti vendita a Foggia è stata rinfrescata. ‘Cesarino mitt a me’, il sindaco protagonista de ‘Lo strano caso del furto del furto delle mennole atterrate’, uno dei romanzi di Rosa Rosa, ancora è strabiliato : “Ma che volevano veramente le cose promesse?”. Perse al primo turno con il 15%.