Puglia terra di non fumatori e con qualche obeso di troppo. E con pochissimi donatori di organi. È un quadro a tinte fosche quello dipinto dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale sulla Salute presentato dall’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma. Tra i dati più salienti, lo stile di vita dei pugliesi (non proprio da primi della classe) ed i difetti del sistema sanitario, sempre caratterizzato da una forte mobilità passiva (i viaggi dei pazienti che vanno a curarsi in altre regioni). Ecco gli indicatori più interessanti analizzati da 165 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute).
Stili di vita
Nel 2012, la Puglia ha fatto registrare una quota di fumatori pari al 19,2% della popolazione regionale di 14 anni e oltre. Un dato che sta sotto la media nazionale, che è del 21,9%. Gli ex fumatori, invece, sono il 19,4% (22,6% valore italiano), mentre i non fumatori sono il 60,9%: rappresentano la percentuale maggiore in Italia della popolazione regionale di 14 anni e oltre (valore medio nazionale 54,2%).?Anche il consumo di alcol fa registrare un dato positivo: nel 2011 presenta una quota di non consumatori pari al 37,8% a fronte di un valore medio nazionale del 33,6%. I consumatori sono il 61,7%, a fronte di un valore medio nazionale del 65%.?La prevalenza di consumatori a rischio di 11-18 anni (ovvero quei giovani che praticano almeno uno dei comportamenti a rischio relativamente al consumo di alcol, come l’eccedenza quotidiana o il binge drinking) è pari al 10,4% dei maschi (valore medio italiano 14,1%), al 5% per le femmine (valore medio italiano 8,4%), per un totale del 7,9% dei giovani in questa fascia d’età (valore medio italiano 11,4%). La prevalenza di consumatori a rischio di 19-64 anni è pari al 13,7% dei maschi (valore medio italiano 19,8%) e al 3,3% delle femmine (valore medio italiano 5,3%). Il totale dei consumatori a rischio è il 8,4% degli individui in questa fascia d’età (valore medio italiano 12,5%).
Lo sport? Un miraggio
Non è un caso che nella California del Sud le persone in sovrappeso (nella fascia di età che va dai 18 anni in su) siano il 39%, rispetto al valore nazionale che è del 35,6. Così come la percentuale di obesi, che è pari al 12,9%, a fronte del valore medio del 10,4 per cento. Anche per i minori (età 6-17 anni) non va meglio, con il 29,4% di obesi (media nazionale al 26,9). Una delle ragioni potrebbe essere cercata nella scarsa propensione all’attività sportiva dei pugliesi. Infatti, chi pratica sport in modo continuativo nella regione guidata da Nichi Vendola è solo il 14,5% della popolazione dai 3 anni in su (la media nazionale, molto più alta, è del 21,9 per cento). Solo il 26,2% fa qualche attività fisica (in Italia il 29,2), mentre chi non ne vuole proprio sapere nulla è il 51,1% della popolazione: una cifra enorme rispetto al 39,2 della media nazionale.
Sistema sanitario vero pomo della discordia
La sanità pugliese continua a costare troppo rispetto alla media nazionale. Se è vero che, dopo il Piano “lacrime e sangue” – che ha chiuso molti ospedali ed ha bloccato assunzioni e turnover del personale -, ci sono stati dei risparmi importanti, il rapporto tra spesa e Pil continua ad essere alto: nel 2012 è stato del 10,18% a fronte di una media nazionale del 7%. Anche la gestione della rete ospedaliera, vera cartina di tornasole per analizzare l’efficienza gestionale delle aziende, non è delle migliori. Nello stesso anno, infatti, la degenza media preoperatoria è di 2,3 giorni, a fronte di una media nazionale di 1,81. Si attende di più, dunque, per l’intervento. Questo parametro è indice di efficienza organizzativa e di appropriato utilizzo dei servizi diagnostici e dei reparti di degenza chirurgici. Uno degli interventi più indicativi della qualità dell’assistenza ospedaliera è la gestione delle fratture del collo del femore (frequenti negli anziani), perché se non trattata a dovere è spesso causa del peggioramento della qualità di vita, di disabilità, se non di mortalità. Infatti, diversi studi hanno dimostrato che lunghe attese per l’intervento per questa frattura corrispondono a un aumento del rischio di mortalità e di disabilità del paziente, aumento delle complicanze legate all’intervento e minore efficacia della fase riabilitativa. Di conseguenza, molte delle Linee Guida più recenti raccomandano che il paziente con frattura del collo del femore venga operato entro 48 o addirittura 24-36 ore dall’ingresso in ospedale. In Puglia invece solo il 29,7% (dato 2012) dei pazienti che hanno riportato tale frattura è operato entro 2 giorni (valore medio italiano di 44,7%).
Vade retro web!
Ai manager pugliesi evidentemente viene la pelle d’oca quando si parla di nuove tecnologie per la comunicazione. In una regione in cui, non troppo tempo fa, c’era qualcuno che faceva sparire gli armadietti con le delibere e determine dell’Asl, per via delle continue indagini delle Procure, non dovrebbe far specie. Il dato, del resto, è emblematico. Le Asl e gli Ospedali pugliesi non si connettono facilmente online col cittadino e comunicano poco attraverso canali web e social. In Puglia il 17% delle Asl utilizza almeno un canale web (Twitter, Youtube, Facebook e altri) per comunicare coi cittadini, a fronte di una media nazionale del 34% delle Asl.?Va meglio con le aziende ospedaliere, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) e Policlinici universitari che, invece, nel 57 per cento dei casi utilizzano il web 2.0 per la comunicazione con il cittadino (valore medio nazionale 44%).
I “viaggi della speranza” non finiscono mai
Il Rapporto analizza la mobilità ospedaliera, ovvero gli spostamenti interregionali dei pazienti per essere sottoposti a cure e interventi chirurgici che richiedono un ricovero. Il fenomeno della mobilità ospedaliera di una regione esprime la capacità di attrarre pazienti che risiedono in altre regioni. In tal caso si parla di mobilità attiva, mentre si parla di mobilità passiva quando la tendenza dei pazienti e di emigrare fuori regione. Per la Puglia questo indicatore mostra che la regione ha una capacità attrattiva per acuti in regime di ricovero ordinario del 4%, una percentuale di fuga del 7,6% e un saldo negativo di 3,6 punti percentuali. Significa che la Puglia attira meno pazienti da altre regioni di quanti residenti in regione escono dai confini regionali per ricevere assistenza sanitaria. Con elevati costi per le casse regionali, perché ricoveri ed interventi fuori regione costano molto di più rispetto alle stesse prestazioni portate a termine all’interno dei propri confini.