Partivano carichi di droga e rientravano pieni di denaro. I pullman di linea tra la Puglia e l’Albania non erano solo mezzi per il trasporto passeggeri, ma veri e propri canali di scambio tra narcotrafficanti internazionali. Lo hanno scoperto gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia di Bari, che con l’operazione “Ura” hanno smantellato una struttura criminale di dimensioni europee: 52 persone arrestate, un traffico stimato in oltre 255 chili di droga pura e 4,5 milioni di euro movimentati in contanti. L’indagine – portata avanti tra il 2021 e il 2022 con il supporto di Interpol, Spak albanese e Eurojust – ha fatto luce su un sistema organizzato e protetto, con base nel quartiere Japigia di Bari e nella città portuale di Durazzo.
Come riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno, determinanti per far partire l’inchiesta sono state le dichiarazioni di Domenico Milella, ex braccio destro del boss Eugenio Palermiti, diventato collaboratore di giustizia nel 2020 e oggi fuori dal programma di protezione. Il suo nome è stato menzionato anche in alcune intercettazioni tra trafficanti albanesi che, dopo la sua collaborazione, temevano la portata delle sue rivelazioni: “Adesso che quello è diventato pentito, chissà quante persone rovinerà”, dicevano al telefono.
“Con i telefoni criptati ci mandavano le foto e gli stemmi della cocaina”
Milella ha svelato i due principali canali di approvvigionamento del narcotraffico: l’Olanda e l’Albania. La cocaina e l’eroina arrivavano a Mola di Bari, nascoste inizialmente in un’officina meccanica o in una villetta sul lungomare di San Giorgio. “La prima cosa che facevano era darci un telefono criptato con codici personali – ha raccontato –. Ci mandavano le foto, i prezzi, gli stemmi impressi sulla droga. Tu sceglievi, dicevi quanti pacchi ti servivano. Gli autisti, polacchi, cambiavano ogni volta e non parlavano italiano. Poi arrivava l’albanese con la consegna. Io aprivo, controllavo e pagavo”.
Il pentito ha indicato anche i luoghi dove la droga veniva nascosta, come la “cupa” di Mola, e spiegato che il taglio avveniva a Bari: da tre chili di eroina si ricavavano fino a 13 chili grazie alla lavorazione artigianale. “Arrivava pure con i traghetti dall’Albania”, ha aggiunto. Uno degli interlocutori di Milella per gli acquisti era, secondo l’accusa, Massimiliano Fiore, uno dei 23 pugliesi finiti in carcere.
Una rete internazionale con ramificazioni locali
La droga, una volta tagliata, veniva smerciata all’ingrosso nelle province di Bari, Brindisi e Lecce. Il denaro incassato, anche in somme superiori a mezzo milione di euro, veniva poi trasportato verso l’Albania con la stessa rete di pullman, grazie alla complicità di autisti e corrieri fidati. La rete aveva contatti diretti anche con i cartelli sudamericani per la cocaina e con i canali turchi per l’eroina.
Le indagini – condotte con intercettazioni telefoniche, osservazioni, pedinamenti e analisi delle comunicazioni su piattaforme criptate come SkyECC – hanno evidenziato l’uso sofisticato della tecnologia da parte delle organizzazioni criminali. Ma non solo: a garantire la sicurezza delle operazioni sul territorio ci pensavano le organizzazioni locali, in particolare i gruppi baresi collegati al clan Parisi-Palermiti, che concedevano il loro “benestare” alle operazioni in cambio di guadagni.
Arresti in Italia e Albania, coinvolti anche poliziotti e avvocati
L’inchiesta si è conclusa con l’emissione di due ordinanze cautelari, una in Italia e una in Albania. In carcere sono finiti, tra gli altri, Andrea Nicola Buonsante, Cesare Giliberti, Giovanni Montedoro, Francesco Patisso, Giovanni Signorile, Angelo Zanardelli, Massimiliano Fiore, Luisa Mazzuti e Annalisa Ronghi. Ai domiciliari Francesca Caputi, soprannominata “la nonna”, mentre per Serafina Palazzo, detta “la zia”, e Domenico De Tullio è stato disposto l’obbligo di firma.
In Albania sono stati arrestati anche un comandante di polizia, un agente, un avvocato e vari membri di una famiglia criminale di Durazzo, collegati alla logistica dei traffici.
“È stata un’indagine molto complessa – ha dichiarato il pm Ettore Cardinali – e la novità assoluta è stata l’analisi delle chat criptate, che i criminali ritenevano inviolabili”. Il procuratore aggiunto Francesco Giannella ha sottolineato come il lavoro della DDA sia stato reso possibile grazie a una cooperazione internazionale di alto livello.
Il risultato è un colpo pesantissimo a una rete che per anni ha lucrato su droga e morte, approfittando delle rotte più comuni per muoversi sotto copertura. E che oggi, grazie anche alle parole di un ex uomo dei clan, ha perso gran parte della sua struttura operativa.