A quasi due anni dalla presentazione della querela per diffamazione aggravata e continuata, presentata da Angelo Sanna, ex sostituto commissario della Polizia di Stato in servizio alla Questura di Foggia, nulla si muove. Ed è per questo che, con un’istanza firmata dall’avvocato Michele Sodrio, è stata chiesta formalmente l’avocazione del procedimento alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Bari, a fronte di quella che viene definita “un’inspiegabile e inaccettabile inerzia” della Procura di Foggia.
Il caso ruota attorno a una campagna stampa condotta, secondo Sanna, dal direttore del quotidiano l’Attacco, Piero Paciello e da una sua giornalista, accusati di aver gravemente danneggiato l’onore e la reputazione dell’ex funzionario e dei suoi colleghi. Tutto sarebbe cominciato con la pubblicazione di un video sul canale YouTube del quotidiano, il 23 giugno 2023, in cui venivano rivolte – secondo la querela – accuse “false e pesantissime” contro Sanna, in relazione a un’interdittiva antimafia emessa contro un imprenditore foggiano.
A ciò si aggiungono numerosi articoli e altri video, tra cui uno del 4 luglio 2023 dal titolo “La manina e la captazione manipolata. Questore Rossi non può fare come Ponzio Pilato”, nei quali Paciello avrebbe affermato che una captazione ambientale condotta dalla Polizia sarebbe stata manipolata, con frasi ricostruite “a colpi di copia-incolla” per sostenere un “teorema del patto di famiglia”. Tra le frasi ritenute diffamatorie anche l’attribuzione a Sanna di un inesistente “provvedimento di censura giudiziaria” da parte della Procura di Foggia.
Dal luglio 2023 al marzo 2025, Sanna ha depositato sei integrazioni alla querela originaria, corredate da articoli, video e nuovi attacchi reputati diffamatori. L’istanza inviata ora alla Procura Generale sottolinea come si tratti di un disegno criminoso mai interrotto, con un chiaro intento persecutorio. La difesa del poliziotto sottolinea anche come l’aggravante della continuità e la recidiva siano confermate dal fatto che Paciello risulta già pluripregiudicato per reati della stessa natura.
A quasi due anni dalla presentazione della querela, evidenzia l’avvocato Sodrio, non solo non è stata ancora esercitata l’azione penale, ma non risulta nemmeno notificato un avviso di conclusione delle indagini. Da qui la richiesta al Procuratore Generale di avocare il procedimento, assumendone la titolarità secondo quanto previsto dall’articolo 412 del codice di procedura penale.
Nell’istanza si richiama anche la giurisprudenza di legittimità che riconosce la possibilità di esercitare l’azione penale anche per reati emergenti successivamente all’avocazione, in nome del principio di ragionevole durata del processo. L’obiettivo, si legge, è rimediare alla “patologia dell’inerzia” da parte dell’ufficio inquirente.