Sono passati 39 anni dalla strage del Bacardi, l’agguato mafioso che segnò una svolta nei delicati equilibri criminali di Foggia. La notte del primo maggio 1986, in un circolo privato di piazza Mercato, quattro persone vennero trucidate: Giovanni Rollo, Pompeo Rosario Corvino, Pietro Piserchia — tutti foggiani — e Antonietta Cassanelli, di Terlizzi, compagna del narcotrafficante Gennaro Manco di San Ferdinando di Puglia, unico sopravvissuto ma gravemente ferito. I killer erano entrati nel locale armati con l’obiettivo chiaro di colpire Manco e lanciare un messaggio inequivocabile: “a Foggia comando io”.
A ordinare quella mattanza fu il boss Giosuè Rizzi, detto “Il Papa di Foggia”, poi condannato a 29 anni di carcere per essere stato il mandante. L’altro nome eccellente coinvolto, Rocco “Il porco” Moretti, oggi riconosciuto come uno dei capimafia storici del capoluogo dauno, fu invece assolto.
L’ascesa dei clan locali e il declino della Scu
La strage del Bacardi, classificata come quadruplice omicidio dalla Cassazione, segnò la fine del tentativo della Sacra corona unita di espandersi in provincia di Foggia attraverso il clan Laviano, e al contempo l’inizio dell’ascesa dei gruppi criminali autoctoni. Il clan Rizzi-Moretti si impose militarmente tra il 1986 e il 1989, periodo in cui i Laviano furono quasi annientati: otto omicidi, un tentato omicidio e una lupara bianca, quella di Giuseppe “Pinuccio” Laviano, rapito e ucciso senza che il suo corpo fosse mai ritrovato.
Per quell’omicidio fu condannato all’ergastolo Franco Vitagliani, detto “A sciuccarell”, che attirò Laviano in auto con la scusa di accompagnarlo alla stazione, ma lo uccise con un colpo alla testa, preferendo — così dichiarò — risparmiargli le torture che il clan rivale avrebbe inflitto. Secondo alcune fonti mai confermate, Moretti avrebbe mostrato ai suoi uomini la foto della testa mozzata di Laviano come fosse un trofeo, ma quella ricostruzione è rimasta priva di riscontri.
Rizzi, l’arresto, la pittura e la morte
Giosuè Rizzi fu arrestato il 17 febbraio 1988 per una tentata estorsione legata alla discoteca “Metropoli”, accusa dalla quale fu poi assolto in appello. A giugno dello stesso anno gli fu notificato in carcere il mandato per la strage del Bacardi. A quella condanna seguirono quelle nei processi Panunzio e Day Before. Il fine pena era inizialmente previsto per il 2018, ma nel 2010 fu scarcerato per indulto e buona condotta.
Tornò a vivere a piazza Mercato, a pochi passi dal circolo della strage ormai chiuso. Si dedicò alla pittura, ma forse — sospettano gli investigatori — stava preparando un ritorno sulla scena mafiosa. Non ne ebbe il tempo: fu ucciso il 10 gennaio 2012 in via Napoli, vittima di un agguato mai rivendicato.
La mafia oggi e il processo Game Over
Negli ultimi anni, la risposta dello Stato alla criminalità organizzata foggiana è stata decisa. Quasi tutti i capi dei clan Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese si trovano in carcere. Tra i pochi ancora in libertà figura Raffaele Tolonese, detto “Rafanill”, recentemente scarcerato.
L’ultima risposta giudiziaria potrebbe arrivare dal processo “Game Over”, in corso a Bari e Foggia: riguarda un vasto traffico di droga aggravato dal metodo mafioso. Tra gli imputati figura anche il “Mammasantissima” Rocco Moretti.