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Home - Aborti in cambio di 100 euro: arriva la condanna definitiva per due medici a Cerignola

Aborti in cambio di 100 euro: arriva la condanna definitiva per due medici a Cerignola

Pretendevano denaro per eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza. Uno di loro era ancora in servizio fino alla pronuncia definitiva

Di Redazione
1 Maggio 2025
in Cerignola e 5 Reali Siti, Cronaca, Immediato TV
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Undici anni dopo l’arresto, è diventata irrevocabile la condanna per concussione inflitta a due medici dell’ospedale di Cerignola, Osvaldo Battarino e Giuseppe Belpiede, accusati di aver chiesto denaro a pazienti — alcune delle quali minorenni — per eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza nei termini previsti dalla legge. I due sanitari, arrestati nel luglio del 2014 e finiti ai domiciliari dopo essere stati incastrati da intercettazioni ambientali e video, dovranno ora scontare la pena ai domiciliari, vista l’età avanzata. Entrambi sono ora intorno ai 70 anni.

I medici coinvolti e le accuse

Battarino è un ginecologo barese che all’epoca dei fatti (e fino a poco tempo fa) era in servizio nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Cerignola. Il medico è stato condannato a 4 anni, 7 mesi e 20 giorni. L’altro medico, anch’egli 72enne, è un anestesista di Cerignola, ex direttore di reparto, andato in pensione poco dopo il primo arresto. Per lui la pena definitiva è di 4 anni e 1 mese. Entrambi erano gli unici non obiettori in servizio nel presidio ospedaliero e, secondo l’accusa, sfruttavano questa posizione per ottenere pagamenti indebiti in cambio dell’esecuzione degli interventi di IVG entro i 90 giorni previsti dalla normativa.

Le indagini dei carabinieri, partite nell’ottobre del 2013 su impulso della Procura di Foggia, hanno documentato almeno una ventina di episodi. Ai due sono stati contestati in totale circa 2.100 euro ricevuti in contanti: 1.800 a uno dei due, 300 all’altro. I pagamenti, stando all’accusa, avvenivano direttamente nelle mani dei medici, una pratica vietata che ha rafforzato l’impianto accusatorio.

Le prove raccolte e le intercettazioni

Determinanti, oltre alle testimonianze delle donne, sono state le intercettazioni captate dalle microspie piazzate nello studio del ginecologo, che avrebbero documentato un meccanismo sistematico: “Se tu vuoi io la posso fare pure domani mattina… se lei sa che praticamente io le faccio il certificato e la visita di B… sono cinquanta e cinquanta, non c’è problema, può venire domani mattina”.

Secondo gli inquirenti, le pazienti erano indotte a credere che senza pagamento non avrebbero potuto ricevere la prestazione in tempo. L’alternativa era attendere oltre il limite dei 90 giorni, rendendo impossibile per legge l’interruzione della gravidanza.

L’iter processuale

Nel 2017 il tribunale di Foggia aveva condannato entrambi per concussione. Nel 2021, la Corte d’appello di Bari aveva però riqualificato il reato in induzione indebita, ipotesi meno grave che presuppone il consenso (pur viziato) della parte offesa. Ma nel 2022 la Cassazione ha annullato la sentenza per difetto di motivazione, rimandando il processo d’appello. A dicembre 2023, i giudici di secondo grado hanno ristabilito l’accusa di concussione. Il 10 aprile 2025 la seconda sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi delle difese, rendendo definitiva la condanna.

Uno dei medici ha ricevuto l’ordine di esecuzione mentre si trovava ricoverato nel reparto di cardiologia. Entrambi sconteranno la pena ai domiciliari.

Nessuna giustificazione accolta

I due medici si sono sempre difesi sostenendo che le donne non furono “costrette” e che le somme di denaro corrisposte fossero riferite ad accertamenti diagnostici in regime intra-moenia. Una tesi, questa, che non ha convinto i giudici. Come ricordato dalla Cassazione nella prima sentenza di annullamento con rinvio, le prestazioni in intra-moenia devono essere saldate alla cassa dell’azienda sanitaria, non direttamente ai medici.

La Asl di Foggia, costituitasi parte civile con l’avvocato Aurelio Follieri, ha ottenuto il risarcimento del danno. Secondo quanto riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno, il quadro emerso all’epoca delle misure cautelari era estremamente grave: l’accesso a un diritto garantito dalla legge, come l’IVG, veniva di fatto subordinato al pagamento in nero.

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Tags: AbortoCerignolaMedici
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