È un mosaico di accuse pesanti quello messo nero su bianco dalla Procura di Trani nei confronti del sindaco Tommaso Minervini, per il quale è stata avanzata la richiesta di arresti domiciliari insieme ad altri sette indagati, tra dirigenti, imprenditori e un luogotenente della Guardia di Finanza. L’indagine, raccontata oggi da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, punta il faro su un presunto sistema in cui promesse di appalti e incarichi pubblici sarebbero state usate come merce di scambio in vista delle elezioni comunali del 2022.
Accuse gravi e un’inchiesta da 9mila pagine
Il giudice per le indagini preliminari Marina Chiddo si pronuncerà dopo gli interrogatori fissati per il 2 maggio. Intanto i pm Francesco Tosto e Francesco Aiello ritengono che Minervini, alla guida di una coalizione civica trasversale, abbia gestito con disinvoltura nomine e concessioni pubbliche per ottenere voti e appoggi politici. Con lui, sono coinvolti i dirigenti comunali Alessandro Binetti, Lidia De Leonardis, Domenico Satalino, il funzionario Mario Morea, l’autista e cugino del sindaco Tommaso Messina, l’imprenditore Vito Leonardo Totorizzo e il finanziere Michele Pizzo. Le accuse spaziano dalla corruzione alla turbativa d’asta, dal peculato al depistaggio.
Il cuore dell’inchiesta: il porto di Molfetta
Al centro del fascicolo c’è la gestione del porto commerciale di Molfetta, l’unico in Italia amministrato direttamente da un Comune. La Regione da anni ne chiede il passaggio all’Autorità di Sistema Portuale, ma senza successo. Intanto, per la Procura, Minervini avrebbe promesso a Totorizzo una concessione trentennale sulle nuove banchine, in cambio del sostegno elettorale. In particolare, l’accordo si sarebbe concretizzato nella candidatura del figlio Giuseppe Totorizzo nella lista “Insieme per la città”, che raccolse 2.451 voti.
Un’intercettazione del 2022 sembra suggellare il patto: “Pensiamo a vincere. Se vinciamo ti assicuro che la prima telefonata sarà proprio di quel signore lì”, dice Minervini a Totorizzo, riferendosi a un interlocutore regionale che avrebbe promesso fondi per la linea ferroviaria collegata al porto.
La gara costruita su misura e il ruolo di MSC
Il bando per il project financing del porto, secondo gli inquirenti, sarebbe stato ritagliato sulle esigenze di Totorizzo, che nel frattempo aveva manifestato l’intenzione di coinvolgere Gianluigi Aponte, patron della compagnia MSC. Tuttavia, alla manifestazione di interesse ha partecipato solo un’impresa estranea al presunto accordo. Ma la Procura insiste: nell’ufficio del sindaco, sotto telecamere installate dalla Finanza, Minervini avrebbe indicato Totorizzo al dirigente Binetti come favorito per l’aggiudicazione.
Nomine politiche e pizzini distrutti
L’inchiesta svela anche un altro fronte: la nomina di Maria Pia Annese – consigliera comunale non eletta – alla presidenza della Molfetta Multiservizi. Secondo la Procura, la carica sarebbe stata promessa prima ancora di avviare la procedura pubblica, in cambio dell’appoggio elettorale del gruppo di Antonio Ancona, vicesindaco anch’egli indagato.
Non mancano gli episodi ai limiti del surreale. Come l’uso dell’auto di servizio per spese personali e uscite private, o la gestione “segreta” degli uffici comunali: Minervini e De Leonardis, raccontano gli atti, si scambiavano bigliettini scritti a mano che poi venivano distrutti con un trituratore, per sfuggire alle intercettazioni.
La bonifica dell’ufficio e il depistaggio
La dirigente De Leonardis avrebbe saputo dell’esistenza di intercettazioni ambientali grazie al finanziere Pizzo. A ottobre 2022 ordinò una bonifica degli uffici, durante la quale fu scoperta una microcamera della Guardia di Finanza. Secondo gli atti, il sindaco avrebbe addirittura indotto un ufficiale dei carabinieri a rimuovere un apparato di sorveglianza, sostenendo che vi fosse in corso un furto di dati sensibili dal settore socialità. Un’operazione che, secondo i pm, configurerebbe l’ipotesi di depistaggio.
Una rete ampia e radicata
In totale, gli indagati sarebbero una trentina, tra cui il vicesindaco Ancona e la stessa Annese, oltre ad altri esponenti politici locali e regionali. Il rischio di reiterazione del reato e la persistenza in carica degli accusati sono, per la Procura, elementi sufficienti a giustificare la richiesta di misure cautelari.
A decidere se questo impianto reggerà, sarà ora il giudice Marina Chiddo. Intanto, Molfetta si scopre ancora una volta al centro di un’inchiesta che intreccia potere politico, interessi economici e controllo del consenso, con il nuovo porto come epicentro di un terremoto giudiziario che potrebbe travolgere l’amministrazione comunale.