C’è un tronco mozzato in mezzo alla città. Un albero che non c’è più, un’assenza che pesa come un atto mancato. E da questo vuoto, Maurizio Marrese, presidente del WWF Foggia, ha voluto lanciare un messaggio potente, poetico, quasi viscerale, affidando ai social una riflessione che è insieme denuncia e invito all’azione. Il titolo è già un manifesto: “L’albero chiamato Foggia”.
Una metafora urbana e civile che prende vita da una semplice fotografia: quella di un albero tagliato, una ferita nel tessuto cittadino, un’assenza che interroga coscienze e istituzioni. Non è solo un lamento ambientalista, ma il racconto di una città che – come quell’albero – viene abbattuta pezzo dopo pezzo, spesso nel silenzio generale.
Il tronco che parla: simbolo di una città ferita
Nel racconto di Marrese, l’albero non era solo natura. Era “un gigante silenzioso, cresciuto tra le crepe della storia, radicato nella terra secca ma fertile di memorie”. Le sue foglie sussurravano nomi dimenticati, la sua corteccia raccontava leggende. Finché, un giorno, è stato tagliato. Le cause? Mille versioni, nessuna certezza. Sicurezza? Progresso? Malaffare? Nessuno ha dato una risposta chiara. E il vuoto è rimasto lì.
Ma da quel tronco reciso, Marrese intravede una rinascita. Germogli di resistenza che sbocciano dal cemento: il pensionato che raccoglie rifiuti per strada, la ragazza che dipinge murales di speranza, il bambino che pianta semi nelle aiuole, i collettivi che organizzano incontri nei quartieri dimenticati.
“Ogni germoglio è una storia”: l’appello alla cittadinanza attiva
È il volto più ostinato e invisibile della Foggia che resiste. Quella che, nonostante tutto, non si arrende. “Il tronco, pur mozzato, era diventato simbolo. Monumento vivente di una città ferita ma non sconfitta”, scrive Marrese. E aggiunge: “Dipende da chi impugna l’accetta… o forse da chi protegge i germogli”. Un passaggio che chiama in causa la politica, troppo spesso sorda o smemorata, e al tempo stesso esorta la cittadinanza a non delegare, a diventare parte attiva di un cambiamento possibile.
Un cambiamento che, secondo il presidente del WWF, può avvenire solo se i cittadini si uniscono e si riconoscono come parte di una comunità viva. “La politica ha la memoria corta. Ma i cittadini, se si uniscono, possono diventare foresta”. E l’ultima frase suona come un invito più che un auspicio: “Diventiamo foresta”.
Dal simbolo al progetto: l’ambiente come atto politico
Il post di Marrese non è solo un esercizio narrativo. È il prologo di una mobilitazione più ampia che vede il WWF e numerose associazioni del territorio impegnate nella difesa degli spazi verdi urbani, nella tutela della biodiversità e nella promozione di pratiche di ecologia civica. Una battaglia che non riguarda solo l’ambiente, ma l’idea stessa di città, di diritti, di futuro.
E in una Foggia che spesso si sente periferia di se stessa, anche un albero tagliato può diventare il punto da cui ripartire. Un simbolo muto che ha trovato voce nei cittadini. E che ora chiede solo una cosa: non essere dimenticato.