Oggi è stato il giorno di Gianluigi Troiano, 34enne pentito viestano detto “Il piccolino” o “U’ Minorenn”. L’uomo è imputato a Foggia con Angelo Bonsanto, 36enne di San Severo con l’accusa di aver preso parte all’omicidio di Omar Trotta, ristoratore ucciso il 27 luglio 2017 nella sua bruschetteria di Vieste.
Troiano ha parlato per circa tre ore e mezza ricordando quei giorni pur cadendo più volte in contraddizione. Il pentito è accusato di aver fatto da basista: avrebbe segnalato ai killer (uno dei quali Bonsanto secondo l’accusa) il momento giusto per colpire e avrebbe fornito le foto della vittima agli assassini. Troiano era nel locale, come spesso accadeva, vista la sua vicinanza al clan Iannoli-Perna di cui avrebbe fatto parte lo stesso Trotta. Ma Troiano ha affermato di aver fatto il doppio gioco, infatti in quel periodo si stava avvicinando ai rivali del clan Raduano, gruppo malavitoso guidato per anni da Marco Raduano alias “Pallone”, anche quest’ultimo collaboratore di giustizia.
L’imputato ha cercato di cautelarsi affermando che la maggior parte delle informazioni le avrebbe apprese dal suo boss. Poi ha effettivamente confermato di aver inviato un messaggio sulla presenza di Trotta nel locale, utilizzando un telefono “punto a punto”, senza saper spiegare a chi sarebbe giunta la comunicazione. Inoltre, non ha saputo dire a chi sarebbero state date le pistole per commettere l’omicidio.
Contraddizioni sulle foto: Troiano ha detto di aver dato le immagini a Raduano qualche giorno prima dell’agguato, mentre il boss ha affermato che avvenne il giorno stesso, poi che si sarebbe incontrato a mezzogiorno con Raduano, Bonsanto e un altro killer mentre l’ex capomafia e gli altri hanno riferito che l’incontro sarebbe avvenuto di notte. Sempre Troiano avrebbe incontrato persone in carcere, amiche di Bonsanto che avrebbero confermato il coinvolgimento del sanseverese nell’attentato a Troia, ma ora ha invece spiegato che questi detenuti parlarono della vicenda con Raduano e non con lui.
Infine, Troiano ha spiegato che quel giorno temeva di essere ucciso anche lui e che sarebbe passato da un clan all’altro per scelta; ha affermato che Raduano “gli volle bene” dicendogli di andarsene subito dal ristorante per evitare di essere ammazzato, questo perché era ritenuto un membro poco sincero.
Le condanne già inflitte
Il processo “Omnia Nostra” al clan Lombardi-Scirpoli-Raduano ha già portato a tre condanne con rito abbreviato per l’omicidio Trotta: Marco Raduano è stato punito con 20 anni di carcere in appello (dopo l’ergastolo inflitto in primo grado) per aver ordinato l’omicidio. A Danilo Della Malva alias “U’ Meticcio” 11 anni di carcere, mentre al mattinatese Antonio Quitadamo detto “Baffino” 12 anni e 4 mesi. Questi ultimi due si sarebbero occupati rispettivamente della logistica e di aver fornito un’arma ai killer.