L’ex principe del foro Giancarlo Chiariello, 73 anni, è tornato in carcere. Lunedì la procura generale di Lecce ha emesso l’ordine di carcerazione nei suoi confronti, respingendo l’ultima richiesta di sospensione per motivi di salute presentata dai suoi legali. Ieri l’ex avvocato penalista si è presentato spontaneamente ai cancelli della casa circondariale leccese per scontare la pena definitiva a sei anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari.
La condanna, diventata irrevocabile l’11 marzo scorso con il rigetto del ricorso in Cassazione, riguarda le quattro tangenti versate all’ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis tra il giugno 2020 e l’aprile 2021. L’ultima consegna fu interrotta in flagranza dai carabinieri il 9 aprile 2021 su ordine della procura di Lecce. Quindici giorni dopo scattarono le misure cautelari.
Residuo di pena e tempi incerti
Chiariello dovrà scontare circa quattro anni e dieci mesi: dai sei anni complessivi vanno sottratti i tre mesi già trascorsi in carcere, gli otto mesi ai domiciliari durante le indagini e i tre mesi di liberazione anticipata. I suoi difensori, Gaetano Sassanelli e Andrea Sambati, avevano chiesto la sospensione dell’esecuzione della pena per ragioni sanitarie, ma la richiesta è stata rigettata. Ora la strategia difensiva punta alla detenzione domiciliare, diritto previsto per gli ultrasettantenni, ma serviranno mesi prima del pronunciamento del tribunale di sorveglianza.
Teoricamente, da incensurato, Chiariello potrebbe ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali, ma solo una volta sceso sotto i quattro anni di pena residua. Impossibile, quindi, prevedere con esattezza quando potrà tornare in libertà.
Il ruolo nell’inchiesta e i favori ottenuti
Chiariello, avvocato di spicco e difensore di nomi di peso della criminalità organizzata e della finanza barese, aveva instaurato un rapporto privilegiato con De Benedictis, ottenendo in più occasioni scarcerazioni di clienti. Una relazione opaca, ricostruita nei minimi dettagli grazie alle intercettazioni ambientali, che hanno documentato uno spaccato di corruzione sistemica tra difensore e giudice.
Le pendenze tributarie e i sequestri milionari
Chiariello è ancora imputato a Bari per dichiarazione infedele, sulla base degli accertamenti della Guardia di Finanza, che nel corso delle perquisizioni del 2021 trovarono oltre un milione di euro in contanti, nascosto in mazzette sottovuoto. A febbraio 2022 erano stati sequestrati 10,8 milioni di euro: dopo alcune restituzioni, il sequestro residuo è oggi pari a 2,9 milioni. A marzo il Tribunale del Riesame ha confermato la misura, respingendo la richiesta di revoca.
Nel luglio 2023 Chiariello ha siglato un accordo con l’Agenzia delle Entrate per saldare le imposte evase tra il 2016 e il 2020, versando le somme dovute anche tramite l’utilizzo dei fondi sequestrati. Restano però pendenti le contestazioni relative agli anni precedenti. Secondo la procura di Bari, l’accertamento con adesione firmato dall’ex legale sarebbe illegittimo, in quanto sottostimato rispetto ai redditi effettivi.
Il caso De Benedictis e la doppia condanna
Anche per l’ex giudice Giuseppe De Benedictis la condanna per corruzione – sette anni – è ormai definitiva. Ma la sua posizione giudiziaria è aggravata da una condanna precedente, quella a nove anni per l’arsenale scoperto in una masseria di Andria: oltre cento armi da guerra in perfetto stato. Per motivi di salute, De Benedictis ha ottenuto la sospensione dell’esecuzione ed è attualmente ai domiciliari, dove ha già scontato quasi quattro anni.