È un giorno nato dal dolore, il 21 marzo. Un giorno che affonda le sue radici in quel primo anniversario della strage di Capaci, quando una madre, Carmela Montinaro, si avvicinò in lacrime a don Luigi Ciotti chiedendogli perché nessuno pronunciasse il nome del figlio Antonio, caposcorta di Giovanni Falcone, morto con lui e con altri agenti su quella maledetta autostrada tra Punta Raisi e Palermo.
Da allora, quella richiesta di dignità e verità si è trasformata nella Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera. Oggi, 30 anni dopo, a Trapani si è tenuta l’edizione 2025, con la lettura pubblica di 1.101 nomi. Un lungo rosario civile che attraversa l’Italia città per città: da Roma a Locri, da Foggia a Torino, da Milano a Bari. Ogni luogo una storia, ogni nome una ferita ancora aperta, un’esistenza spezzata che continua a chiedere giustizia.
Foggia, la testimonianza di chi non si arrende
Nel capoluogo dauno, la giornata è stata celebrata con un incontro molto partecipato presso il liceo scientifico Marconi, dove l’Associazione Giovanni Panunzio, intitolata all’imprenditore ucciso nel 1992 per aver rifiutato di pagare una maxi tangente alla mafia foggiana, ha portato il suo messaggio ai più giovani.
“È sempre importante e necessario parlare di mafia perché si semina. Magari non si vedranno subito i risultati, ma seminare è fondamentale”, ha detto il presidente Dimitri Lioi, rivolgendosi agli studenti. “In questi dieci anni di attività dell’associazione – ha aggiunto – abbiamo cercato di fare memoria attiva, trasmettendo storie e valori utili per la vita futura dei ragazzi, che restino o meno in questa terra”.
“Panunzio non fu protetto, ma oggi possiamo cambiare”
“Può una vittima di mafia rappresentare un monito?”, si è chiesto Lioi. “La storia di Giovanni Panunzio è un pugno nello stomaco per questa città, che nel 1992 non fu inclusiva e non seppe proteggerlo, né lui né i suoi familiari. E lo stesso vale per Mario Nero, testimone di giustizia nel maxi processo contro la mafia foggiana, morto nel 2021: anche lui fu lasciato solo, dallo Stato. Ma lo Stato siamo noi”.
Un invito a non abbassare mai la guardia, a continuare a resistere: “Memoria non è pulire l’altare delle commemorazioni. È consapevolezza, è riscatto. È pretendere che la violenza e il potere mafioso vengano definitivamente debellati da questa terra”.
Lioi, bergamasco d’origine ma foggiano d’adozione, ha concluso con parole d’amore per la Capitanata: “Questa è una terra bellissima, generosa. Non capisco perché esista un’autodenigrazione diffusa. Amarla vuol dire combattere per lei, ricordare chi l’ha difesa fino alla morte”.
Il 21 marzo è il giorno in cui la primavera si risveglia. Ed è in quella rinascita simbolica che, da trent’anni, la memoria si fa impegno quotidiano, affinché nessuna vittima innocente venga mai dimenticata. E perché la verità, ancora negata a oltre il 70% delle famiglie, possa un giorno diventare certezza. VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE DI TRAPANI