Il Mediterraneo sta cambiando volto e con esso l’intero settore della pesca. L’aumento delle temperature marine e la crescente frequenza di eventi climatici estremi stanno modificando la fauna ittica, alterando le abitudini dei pescatori e mettendo a rischio la sostenibilità delle attività economiche legate al mare.
Secondo il Report di Confcooperative Fedagripesca, il 2025 ha registrato un inverno eccezionalmente caldo, con temperature superiori alla media e un impatto diretto sulla disponibilità delle risorse marine. Le sarde e le acciughe, un tempo abbondanti, sono sempre più piccole, mentre nuove specie, come i gamberi rosa nel Canale di Sicilia e le mazzancolle nel Golfo di Manfredonia, stanno prendendo il sopravvento. Un cambiamento che, se da un lato offre opportunità commerciali, dall’altro sconvolge gli equilibri dell’ecosistema marino.
Pesca in difficoltà: giornate di lavoro dimezzate e specie invasive
L’aumento delle temperature ha effetti devastanti non solo sulla quantità e qualità del pescato, ma anche sulle attività dei pescatori. Secondo Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, le perdite economiche sono ingenti: fino al 50% delle giornate di pesca perse e fino al 70% di danni economici tra guadagni mancati e costi aggiuntivi.
A pesare sulle imprese ittiche non è solo il riscaldamento delle acque, ma anche l’aumento delle mareggiate e dei temporali improvvisi, che rendono sempre più pericolosa l’uscita in mare e compromettono la sicurezza delle imbarcazioni. Inoltre, si registra una crescente invasione di specie aliene, come il granchio blu e il vermocane, che si stanno diffondendo rapidamente grazie alle nuove condizioni climatiche, mettendo in crisi le specie autoctone e alterando la catena alimentare marina.
Porti a rischio: insabbiamenti e manutenzione insufficiente
Un’altra emergenza riguarda le infrastrutture portuali, sempre più vulnerabili all’erosione costiera e agli eventi estremi. Secondo il report, oltre il 70% dei porti mediterranei è a rischio insabbiamento, a causa della scarsa manutenzione e delle mareggiate più violente. Senza interventi strutturali, molte di queste infrastrutture potrebbero diventare inagibili, aggravando ulteriormente la crisi del settore.
Le prospettive future non sono rassicuranti: se il trend attuale dovesse proseguire, entro il 2050 oltre il 30% delle specie ittiche tradizionali del Mediterraneo potrebbe scomparire, lasciando spazio a specie invasive. Un fenomeno che potrebbe avere ripercussioni economiche gravissime, alterando gli equilibri del mercato e penalizzando le comunità costiere che vivono di pesca.
La sfida del futuro: servono strategie per proteggere la pesca
Di fronte a questo scenario, Fedagripesca lancia l’allarme e chiede un piano d’azione immediato per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulla pesca. Tra le proposte avanzate:
- Migliorare la manutenzione dei porti per evitare insabbiamenti e garantire la sicurezza delle imbarcazioni.
- Investire in ricerca scientifica per monitorare l’impatto del riscaldamento globale sugli ecosistemi marini.
- Promuovere una gestione sostenibile delle risorse ittiche, favorendo pratiche di pesca adattative e responsabili.
Senza un intervento concreto, la pesca nel Mediterraneo rischia di trasformarsi in un settore in crisi irreversibile, con danni incalcolabili per l’economia e per l’intero ecosistema marino.