Anna Filomena Tolonese, 51 anni, originaria di Foggia e residente a Orta Nova, è stata condannata ieri a sei anni di reclusione per usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. La sentenza è stata pronunciata dal gup di Bari, Anna Paola De Santis, nell’ambito di un processo abbreviato che ha garantito all’imputata una riduzione di un terzo della pena. Il giudice ha accolto integralmente le richieste della pm Luciana Silvestris, rappresentante della Direzione distrettuale antimafia, che aveva chiesto sei anni di carcere. Anche il Comune di Orta Nova, costituitosi parte civile, aveva appoggiato la richiesta di condanna, mentre le quattro parti offese non si sono costituite.
L’avvocato difensore aveva invece richiesto l’assoluzione o, in subordine, l’esclusione dell’aggravante mafiosa e una pena ridotta. Tolonese ha seguito l’udienza in videoconferenza dal carcere di Lecce, dove è detenuta dal suo arresto avvenuto il 26 settembre 2023.
Prestiti a tassi usurari e minacce mafiose
Le accuse a carico della Tolonese si basano sulle dichiarazioni iniziali dei debitori, successivamente ritrattate, e su intercettazioni che documentano l’attività di usura esercitata ai danni di una coppia di Orta Nova. Secondo l’accusa, tra il 2021 e il 2023 la donna avrebbe prestato 2100 euro in quattro tranche, applicando tassi d’interesse annuali compresi tra il 280% e il 600%. Nonostante la coppia avesse restituito complessivamente 5800 euro, il debito veniva considerato ancora aperto.
Di fronte alle difficoltà dei debitori nel saldare i pagamenti, la Tolonese avrebbe esercitato pressioni e minacce, anche coinvolgendo i genitori della coppia. A garanzia dei prestiti, la donna avrebbe preteso un libretto postale intestato a un familiare beneficiario di un sussidio di invalidità.
L’aggravante della mafiosità è stata contestata in relazione alle modalità intimidatorie impiegate. L’imputata avrebbe evocato l’intervento del fratello Raffaele Tolonese detto “Rafanill”, noto esponente della mafia foggiana da poco tempo in libertà e boss storico del clan Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, per rafforzare la propria posizione e spaventare le vittime. “Prospettò alle vittime la loro morte e quella dei congiunti, oltre a gravi danni ai beni personali”, si legge negli atti dell’accusa. La difesa ha contestato l’aggravante, sostenendo che si trattasse di un bluff per recuperare il denaro prestato.
Le indagini e le ritrattazioni
L’inchiesta era partita dopo un incendio doloso che, nell’agosto 2023, aveva danneggiato l’auto di uno dei debitori. L’uomo aveva inizialmente collegato l’episodio alle minacce ricevute dalla Tolonese, raccontando ai carabinieri dei prestiti e degli interessi imposti. Tuttavia, in un secondo interrogatorio a gennaio 2024, il debitore aveva ritrattato, dichiarando: “Non posso dire che mi sono stati chiesti interessi, chi presta denaro vuole solo indietro il suo”. Il gip ha interpretato questa marcia indietro come frutto del timore di ritorsioni.
Un fenomeno radicato nella comunità locale
Il gip ha evidenziato come la Tolonese rappresentasse un punto di riferimento per molti cittadini di Orta Nova in difficoltà economiche, impossibilitati ad accedere ai canali legali del credito. “Molte persone si rivolgevano a lei accettando condizioni gravose per far fronte a esigenze primarie”, si legge nell’ordinanza cautelare. Le indagini hanno fatto emergere il sospetto che i debitori coinvolti fossero numerosi, sebbene solo una coppia abbia collaborato.
Con questa sentenza, il tribunale ha inteso inviare un segnale chiaro contro l’usura e il radicamento delle logiche mafiose anche nelle comunità più piccole, dove la disperazione economica rende le vittime particolarmente vulnerabili.