Con i principali boss in carcere, sarebbero parenti e sodali a gestire il narcotraffico in provincia di Foggia. Questo raccontano le carte dell’operazione “Sed”, nome in codice usato per indicare la cocaina, 12 arresti da parte di procura antimafia e Dia. Al vertice, a parere dell’accusa, Giuseppe Bruno, 58 anni e suo figlio Leonardo, 36 anni, considerati “promotori ed organizzatori dell’organizzazione criminale”. Il gruppo avrebbe piazzato cocaina in Capitanata, Bat, Basso Molise e Abruzzo. Gli inquirenti hanno raccolto un solido quadro probatorio a carico degli indagati che, tra luglio 2020 e novembre 2021, avrebbero distribuito sul mercato illecito oltre 20 chili di cocaina purissima equivalenti ad oltre 83.000 dosi (circa 6,6 milioni di euro).
Ad incastrarli, oltre alla capillare attività di indagine, il pentito Carlo Verderosa, 44 anni, ex membro del clan Moretti-Pellegrino-Lanza della “Società Foggiana”. Le sue “dichiarazioni – si legge nell’ordinanza cautelare di quasi 700 pagine – hanno avuto riscontro in vari atti di indagine”.
Così il collaboratore di giustizia: “Giuseppe Bruno lavorava per conto suo e dava 7.000 euro al mese a… diciamo… nella cassa del clan Moretti. Si serviva del figlio e un altro paio di amici del figlio che c’aveva intorno”. Stando alle carte giudiziarie, Bruno sarebbe “elemento di spicco del narcotraffico foggiano” e pagava una quota di 7mila euro mensili alle batterie foggiane “per poter spacciare liberamente”.
Il pentito ha poi indicato i quartier generali di Bruno: un lavaggio in via Lucera poi ceduto ad Alessandro Scopece detto “Il Cinghiale”, quest’ultimo ammazzato proprio nella sua attività nel 2022, e una carrozzeria.
Per i canali di approvvigionamento il clan Moretti avrebbe fatto riferimento a Nicola Valletta. “Ma adesso arriva tutto dall’Olanda – ha spiegato Verderosa -, la maggior parte, o Cerignola se trovi qualche prezzo buono, o calabresi, ma la maggior parte è tutta… tutta dall’Olanda, ma tutta”. Contatti anche con la mafia barese ma solo fino al 2014: “Qualche volta sì, con il clan Parisi. Qualche contatto il 2013, 2014. A Japigia”.
Sulle zone di spaccio: “Giuseppe Bruno abita in via San Severo. Da quelle zone là. Al lavaggio, quando c’aveva il lavaggio, a Candelaro… a Parco San Felice, intorno a Parco San Felice”.
Tra gli arrestati, con un ruolo di rilievo, c’è anche Giovanni Sinesi, 35enne foggiano, fratello di Cosimo Damiano Sinesi e cugino di Francesco Sinesi, quest’ultimo figlio del capoclan Roberto Sinesi alias “Lo zio”, definito nelle carte “un potente boss mafioso”.
A coadiuvare le attività dei Bruno, il 38enne Daniele Delli Carri genero di Giuseppe Bruno. “Era un vero e proprio factotum dell’associazione in esame – si legge -, in quanto era deputato al trasporto, alla gestione ed alla custodia della sostanza stupefacente del tipo cocaina curando, mediante l’ausilio di un collaudato linguaggio convenzionale ed avvalendosi di telefoni cellulari intestati a soggetti stranieri (ovvero a prestanomi), le cessioni ai vari acquirenti”.
Gli affari nel narcotraffico si sarebbero allargati anche su Lucera. Tra gli uomini finiti in carcere, ritenuto appartenente all’organizzazione con l’incarico di piazzare la droga nel centro federiciano, c’è il 56enne Quirino Barbetti, “esponente di vertice dell’organizzazione criminale a base familistica operante a Lucera” – riporta l’ordinanza. Si tratterebbe di una famiglia rom, una sorta di “Casamonica” lucerini. “L’organizzazione criminale Barbetti – precisano gli inquirenti nelle carte – è composta prevalentemente da soggetti d’origine Rom-Sinti provenienti dalla Campania e, da tempo, insediatisi a Lucera. È dedita ai reati predatori, all’usura e al traffico di sostanze stupefacenti ed opera in sinergia con il clan mafioso Papa-Ricci (storica organizzazione criminale di Lucera, ndr), al cui vertice, fino alla sua cattura, figurava il detenuto in regime di 41 bis Khaled Bayan“.