Il 29 agosto una delegazione della Camera Penale di Capitanata, “Achille Iannarelli”, composta dal presidente, Massimiliano Mari, e dagli avvocati Francesco Americo, Antonella De Carlo, Emilio Liberatore, Giovanni Quarticelli e Chiara Russo, tutti componenti del consiglio direttivo, si è recata in visita presso la Casa Circondariale di Foggia.
Tale visita rientra nell’ambito dell’iniziativa “Ristretti in Agosto” promossa, a livello nazionale, dall’Osservatorio Carceri dell’Unione delle Camere Penali Italiane e si pone in continuità con le maratone oratorie che hanno visto attivamente impegnata anche la Camera Penale di Capitanata.
L’obiettivo è quello di tenere alta l’attenzione e di sensibilizzare le forze politiche, le istituzioni, la magistratura, l’opinione pubblica, i mezzi di informazione, in merito alle condizioni degradanti e contrarie alla dignità umana in cui versano i detenuti.
Durante la visita si sono potute toccare con mano, soprattutto in alcune sezioni, le conseguenze del grave sovraffollamento dell’Istituto, che attualmente ospita 667 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 364 unità.
Tale situazione, unita alla mancanza di spazi e di ambienti idonei, alla carenza ormai cronica di personale – risultano in servizio 236 agenti di polizia penitenziaria rispetto ai 300 previsti dalla pianta organica –, anche di quello medico sanitario, rende la detenzione carceraria poco compatibile con il perseguimento della finalità rieducativa della pena contemplata dalla nostra Carta Costituzionale.
Le recenti modifiche normative non appaiono incisive né idonee ad attenuare la situazione di grave emergenza esistente nella maggior parte dei penitenziari italiani.
Occorrono provvedimenti ulteriori ed urgenti che possano, nell’immediato, restituire dignità ai detenuti e riportare le condizioni della detenzione inframuraria nell’alveo della legalità costituzionale, con l’auspicio che nel prossimo futuro la linea carcerocentrica sin qui seguita dal Legislatore ceda il passo in favore di politiche volte ad agevolare l’accesso alle misure alternative al carcere (anche di quelle già previste dal nostro ordinamento penitenziario), che oltre a risolvere il problema del sovraffollamento garantiscono la effettiva risocializzazione del condannato, con conseguente attenuazione del rischio di recidiva una volta espiata la pena.