Nel carcere di Foggia, come in altre strutture penitenziarie della regione Puglia, la situazione è diventata insostenibile per i poliziotti penitenziari. Gli agenti si trovano impotenti di fronte alle ripetute situazioni di pericolo causate da detenuti con gravi problemi psichiatrici o tossicodipendenti. L’ultimo episodio si è verificato nel primo pomeriggio di ieri, quando un detenuto di circa 40 anni della provincia di Foggia, in carcere per reati legati alla droga, ha incendiato il materasso della sua cella, per poi aggredire un poliziotto intervenuto per salvarlo dal fumo che aveva invaso il reparto e le aree circostanti, come le salette per i colloqui con i familiari.
L’intervento tempestivo dell’agente ha permesso di evitare il peggio, ma ha comunque riportato danni contenuti, come riferito dall’infermeria del carcere. Il detenuto, che aveva violato gli arresti domiciliari nel mese di dicembre per fare ritorno in carcere, era stato recentemente spostato da un reparto all’altro a causa dei continui litigi con altri detenuti.
Il SAPPE, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, denuncia da tempo le condizioni di grande pericolo nelle carceri pugliesi senza ottenere risposte dall’amministrazione penitenziaria. La capienza del carcere di Foggia è quasi raddoppiata, ospitando circa 720 detenuti a fronte di una capacità regolamentare di 360 posti. Inoltre, il personale necessario per sostituire chi va in pensione non è stato inviato, aggravando ulteriormente la situazione. Il sindacato ha più volte richiesto l’intervento delle autorità competenti, dalla Prefettura alla Regione, senza ottenere riscontri concreti.
La situazione era già critica al momento della grande evasione del 2020, quando i detenuti erano 590. Oggi, con oltre 700 reclusi, il numero di poliziotti è rimasto invariato, se non diminuito, mentre la stanchezza fisica e psichica degli agenti è notevolmente aumentata. I turni massacranti, le temperature estreme e le continue minacce e aggressioni rendono il lavoro degli agenti penitenziari estremamente difficile.
Il SAPPE critica aspramente le misure premiali, come condoni e amnistie, proposte da alcuni politici. Secondo il sindacato, queste misure non risolvono i problemi e umiliano ulteriormente le vittime dei reati, annullando ogni certezza della pena. Invece di affrontare le vere problematiche, come la mancanza di cure e assistenza per i detenuti psichiatrici e tossicodipendenti, si preferisce ricorrere a soluzioni temporanee che non fanno che peggiorare la situazione.
Un altro grave problema è rappresentato dall’uso di telefonini nelle carceri, che permette ai boss di mantenere contatti con i propri affiliati, e dalla consegna di materiale proibito tramite droni. Il SAPPE chiede un intervento deciso per ristabilire l’ordine e la sicurezza nelle carceri, garantendo ai detenuti meritevoli il diritto di reintegrarsi nella società, ma senza permettere che i detenuti violenti agiscano indisturbati.
È giunto il momento, secondo il SAPPE, che lo Stato intervenga in maniera decisa e strutturale per risolvere queste emergenze, rispettando lo stato di diritto e la certezza della pena.