I finanzieri del Comando Provinciale di Bari stanno dando esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 9 milioni di euro, nei confronti di una società a responsabilità limitata, con sede a Terlizzi, operante nel settore del commercio di prodotti elettronici, nonché dei suoi 2 amministratori (“legale” e “di fatto”), quale profitto dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Il provvedimento – emesso dal gip del Tribunale di Trani, su richiesta della Procura della Repubblica di Trani – costituisce l’epilogo di una verifica fiscale e delle correlate indagini di polizia giudiziaria delegate al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari. Si tratta comunque di accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa.
L’attività investigativa, che ha comportato, tra l’altro, l’analisi dei dati digitali estrapolati dai dispositivi elettronici in uso ai soggetti indagati, ha consentito di disvelare un complesso sistema fraudolento finalizzato all’evasione dell’IVA secondo lo schema delle cosiddette “frodi carosello”, nel quale sono risultate coinvolte numerose entità giuridiche italiane ed estere.
In particolare, è emerso che gli amministratori della predetta società di Terlizzi avrebbero indicato elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni annuali relative alle annualità dal 2015 al 2020: utilizzando fatture soggettivamente inesistenti emesse da imprese (ed. “cartiere”), con sede in diverse province italiane, relative ad acquisti di merci effettuati da quest’ultime da fornitori ubicati in altri Paesi Unionali; simulando l’acquisto – sottocosto – dei beni dalle citate “cartiere”, che hanno omesso il pagamento dell’IVA, poi indebitamente detratta dalla verificata per un valore complessivo di circa 8 milioni di euro.
I finanzieri hanno, altresì, accertato che la merce acquistata dall’impresa pugliese è stata venduta, in parte, a clienti privati con il sistema della vendita on-line, utilizzando note piattaforme di e-commerce, e, in parte, ad aziende operanti nel medesimo settore economico.
Inoltre, i due indagati, al fine di sottrarre se stessi e la società al pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nonché delle relative sanzioni – già iscritte a ruolo per un ammontare complessivo di circa 800.000 euro – avrebbero compiuto, nel 2023, le seguenti operazioni simulate/fraudolente, rendendo in tutto o in parte inefficaci le procedure di riscossione: donazione ai rispettivi coniugi di 4 immobili situati a Terlizzi e vendita agli stessi di 2 autovetture di lusso (BMW X3 e X5); appropriazione di denaro aziendale per complessivi 370.000 euro.
Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti dal Nucleo PEF Bari, la Procura della Repubblica di Trani – in virtù della normativa che prevede la possibilità di applicazione anche della “confisca per equivalente” per i reati tributari – ha avanzato una richiesta di sequestro di beni e utilità, al fine di inibire il consolidamento del vantaggio economico derivante dalle condotte sopra descritte. Il G.I.P., aderendo alla predetta richiesta (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), ha quindi emesso il decreto di sequestro preventivo dei beni e rapporti finanziari nella disponibilità della società (anche in forza della normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti, applicabile con riferimento alle annualità 2019 e 2020) e dei suoi amministratori.
Gli esiti dell’attività investigativa costituiscono un’ulteriore testimonianza del costante presidio economico- finanziario assicurato dalla Guardia di Finanza di Bari, coordinata per l’attività di indagine dalla Procura di Trani nel territorio di sua competenza, per la repressione del grave fenomeno dell’evasione fiscale, a tutela dei cittadini e dei contribuenti rispettosi delle regole, al fine di garantire il rispetto del principio costituzionale di contribuzione secondo (effettiva) capacità contributiva, quale condizione fondamentale per la tenuta dell’equità sociale e fattore di sviluppo del benessere della collettività.
Il procedimento penale pende nella fase delle indagini preliminari e le persone sottoposte alle indagini non possono essere considerate colpevoli fino alla pronuncia di una sentenza di condanna definitiva.