La degenerazione maculare legata all’età (DMLE o AMD) è una delle patologie più gravi che colpiscono l’occhio. Viene danneggiata la macula, cioè la parte centrale e nobile della retina, dov’è massima la concentrazione dei coni, i fotorecettori specializzati per la visione dei dettagli. È questa zona retinica che ci consente di riconoscere i volti, i colori, di leggere e guidare. La malattia determina quindi una grave compromissione della visione centrale, mentre la visione periferica o laterale viene mantenuta. Rappresenta la prima causa di cecità e di ipovisione nel mondo occidentale e colpisce principalmente i soggetti con più di 65 anni. In Italia si stima che colpisca circa un milione di individui, di cui 200.000-300.000 presentano la forma avanzata. La professoressa Cristiana Iaculli, direttrice della struttura complessa di Oculistica universitaria del policlinico “Riuniti” di Foggia, spiega l’importanza della diagnosi, del trattamento farmacologico e del follow up del paziente. “Nelle sue fasi iniziali potrebbe essere completamente asintomatica – spiega -, quindi dopo i 50 anni tutti dovrebbero fare una visita oculistica di controllo. I primi segni clinici potrebbero essere la difficoltà di adattamento nella fase della lettura o un rallentamento, successivamente potrebbe diventare più eclatante”.
Le due forme di DMLE
Esistono due forme di degenerazione maculare legata all’età: la forma secca o atrofica e quella umida o essudativa. Nella forma secca, la più frequente (80% dei casi), la retina centrale va incontro a un progressivo assottigliamento (atrofia). La malattia può progredire fino alla forma avanzata, atrofica o può anche trasformarsi nella forma umida (10-15% dei casi). La forma umida o essudativa è la meno frequente, ma anche la più invalidante.
I campanelli d’allarme
I campanelli di allarme sono importantissimi: il primo, più tipico e particolare è la distorsione delle immagini, cioè quando noi vediamo per esempio un quaderno a quadretti, vediamo le linee distorte oppure addirittura che scompaiono. Questo è un segno di allarme, per questa ragione il paziente deve subito rivolgersi allo specialista. Un secondo segno è la riduzione della capacità visiva e dato che purtroppo questa è una malattia che non è sempre simmetrica, il paziente può non accorgersene nelle fasi iniziali perché continua a lavorare con l’occhio buono quindi a volte è un riscontro occasionale.
Come si diagnostica?
La diagnosi viene fatta con l’esame del fondo oculare nel corso di una visita oculistica. A volte si rende necessaria l’integrazione con esami strumentali di tipo non invasivo (come l’OCT ovvero la tomografia a coerenza ottica) o invasivo (come la fluorangiografia retinica o FAG e l’angiografia al verde di indocianina o ICG). Una diagnosi precoce e un trattamento rapido, quand’è possibile, sono fondamentali per il risultato funzionale.
La terapia
Il trattamento è essenzialmente farmacologico, attraverso iniezioni intravitreali. Per le forme umide i trattamenti più innovativi sono rappresentati dall’iniezione all’interno del bulbo oculare dei farmaci anti-VEGF, che sono molecole in grado di inibire il fattore di crescita principale (VEGF) responsabile della formazione di nuovi vasi retinici. La somministrazione avviene in sala operatoria, in ambiente sterile. La preparazione del paziente richiede particolare attenzione, mentre l’iniezione dura pochi secondi. L’anestesia topica viene effettuata con l’utilizzo di un collirio che viene instillato nell’occhio. I trattamenti periodici devono essere seguiti regolarmente per evitare di vanificare l’intero percorso terapeutico, perdendo così i vantaggi clinici del rallentamento della degenerazione.