Chiunque si accomodi sulla poltrona di sindaco, che sia Episcopo o uno tra Di Mauro, Mainiero, Angiola e De Sabato, potrà disporre di un jackpot da 190 milioni di euro. Una circostanza neanche lontanamente sfiorata dalla spenta, lagnosa e flaccida campagna elettorale che ormai sta volgendo al termine, eppure il prossimo primo cittadino potrà amministrare una solvibilità così ingente che cambiare faccia alla città potrebbe davvero non essere più una utopia.
Si potrà ristrutturare, si potranno estinguere debiti (la prossima primavera Foggia dovrebbe essere fuori dal decreto SalvaEnti, procedura attivata durante l’amministrazione Mongelli), ma soprattutto si potrà assumere (compatibilmente con le normative in vigore) invertendo una rotta che ormai sembrava segnata. Visto il valore del banco alcuni sostengono che gli interessi della malavita si siano già riposizionati su corso Garibaldi, mentre altri assicurano che stavolta – dopo lo scioglimento per mafia dell’amministrazione Landella, nell’agosto 2021 – gli anticorpi funzioneranno. Sta di fatto che una dote così nessun sindaco l’ha mai avuta, se non Paolo Agostinacchio nel 1995. Allora le scorie di Tangentopoli immobilizzarono molte pubbliche amministrazioni, una specie di spending review spontanea che consentì al Comune di Foggia di arrotolare dentro il testimone Chirolli-Agostinacchio una cifra più o meno simile (sebbene espressa in lire, oltre 90 miliardi).
Su come furono spesi quei soldi si moltiplicano leggende ed epiche contemporanee: cambiando la mobilità della città almeno una dozzina di volte, costruendo strutture pubbliche che poi sarebbero cadute nell’oblìo, riempiendo le strade di vasconi porta piante con vetri anti inquinamento acustico (un autentico orrore ancora ammirabile lungo viale Candelaro), ripavimentando quasi tutto il centro storico e infine mettendo mano al progetto più ambizioso – ma anche amministrativamente più folle e discutibile – della Federico II Airways. La prima compagnia aerea a carattere locale, con collegamenti Foggia-Milano, Foggia-Parma e Foggia-Crotone (diciamo così, destinazione “a uso e consumo” interno all’allora amministrazione comunale), che fece ben sperare per qualche mese ma poi fallì miseramente portandosi dietro le casse di Amgas, Ataf e Amica (oggi Amiu) che rischiarono seriamente di fallire anche loro.
Stavolta la prossima sindaca – o sindaco – di Foggia, erediterà un malloppo così consistente da lasciar credere ai cittadini che un cambio di rotta sia davvero possibile. Ciò nonostante, nessuno dei candidati sembra essersi accorto della grande dote – e della relativa responsabilità – che potrebbe assumere su di sé, gettando sul tavolo dei dibattiti temini più che veri temi, pretesti più che argomenti, insulti agli avversari più che motivazioni. Quasi 190 milioni. Oltre 130 già in cassa, di cui almeno 50 destinati al saldo dei debiti già contratti dal Comune. E altri 55 rivenienti dal Pnnr, che destinerà alla città fondi per la rivisitazione globale di aree periferiche.
Che fare con quasi 200 milioni? Il nuovo stadio fuori città? Il completamento della orbitale? Il miglioramento dell’asfalto su tutte le maggiori corsie cittadine? La ristrutturazione integrale del Teatro Mediterraneo? La creazione di spazi artistici e civici degni di questa parola? L’integrazione tra periferie e città senza passare dalle strutture ma migliorando i servizi? Il ripensamento dei punti di ingresso, dando a chi ci raggiunge l’idea che Foggia non sia in guerra ma semplicemente “non bellissima”? Ecco 200 milioni forse non basteranno a fare tutto, ma per la prima volta da trent’anni chi sarà eletto a sindaco potrà disporre di una libertà di manovra che gli altri non hanno avuto. Mancano le idee, che non si comprano al mercato. E la campagna elettorale di queste amministrative, lo conferma drammaticamente.