Era accusato di aver assunto alle proprie dipendenze un lavoratore straniero privo di regolare permesso di soggiorno, reato punito dall’articolo 22 del Testo Unico sull’immigrazione, ma il giudice del Tribunale di Foggia lo ha assolto per non aver commesso il fatto. Si chiude così il lungo procedimento penale a carico dell’allevatore mattinatese, Pasquale Bitondi, 49 anni. Il blitz dell’ispettorato del lavoro risale al 2018 quando dopo un accesso ispettivo era stato ipotizzato in capo all’uomo il reato contestato. Durante il processo, la difesa (avvocati Michele Arena e Terlizzi) è riuscita a ricostruire la vicenda e a dimostrare sulla scorta degli accertamenti fatti che il lavoratore non era riconducibile all’azienda dell’imputato.
La vicenda desta particolare attenzione dal momento che Bitondi è imputato nel processo antimafia “Omnia Nostra” per reati afferenti alla medesima tipologia di condotta di quello per cui è risultato estraneo ai fatti. Un primo tassello dunque per far luce sulla vicenda dell’uomo.
In “Omnia Nostra”, maxi processo al clan mafioso garganico Lombardi-Scirpoli-Raduano, Bitondi è accusato di aver favorito l’associazione criminale attraverso alcune assunzioni fittizie, presso l’azienda agricola da lui gestita, di elementi di spicco dell’organizzazione criminale. Ma per i suoi legali sarebbe una vittima che ebbe paura di denunciare, una tesi tutta da dimostrare nel processo in corso in questi mesi.
Stando alle carte di “Omnia Nostra”, il mattinatese avrebbe assunto il boss Pasquale Ricucci alias “Fic secc”, ucciso nel 2019, per fornirgli un ingiusto profitto rappresentato dai contributi spettanti ai braccianti agricoli per disoccupazione e sostegno familiare, quali indennità previste dalla politica previdenziale dell’Inps. Secondo gli inquirenti “il reato” avrebbe rafforzato “il predominio della consorteria, attraverso il controllo delle aziende ad essa riconducibili, nel settore agricolo del promontorio garganico”.
Bitondi avrebbe assunto anche Antonio Quitadamo detto “Baffino” sempre allo scopo di favorire il clan e far conseguire al noto pregiudicato un ingiusto profitto, pari ad oltre 7mila euro, quale indennità prevista dalla politica previdenziale dell’Inps per disoccupazione e sostegno familiare dei braccianti agricoli. (In foto, una veduta di Mattinata)
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