Il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria continua a chiedere la chiusura del carcere di San Severo. “È un doppione in piccolo di quello di Foggia – scrivono in una nota stampa -, con spreco di risorse umane ed economiche che non ci possiamo più permettere in questo momento così travagliato per il nostro paese. Infatti che senso ha tenere aperto un carcere con meno di 70 detenuti ed una cinquantina di operatori (polizia penitenziaria e comparto ministeri) con spese enormi (luce, acqua, gas, manutenzione fabbricato ecc.ecc.) quando a meno di 30 chilometri c’è il carcere di Foggia che potrebbe facilmente inglobare i detenuti e portare molto sollievo all’organico del personale in forte carenza?”
A parere del Sappe, dopo la loro denuncia, “si è scatenata un guerra di religione con a capo alcuni sindacalisti (ottusi) del settore che hanno eretto delle barricate a difesa di situazioni non più difendibili che invece meritavano una più pacata discussione. Infatti il carcere di San Severo non ha motivo di esistere anche perché una persona arrestata sul territorio o zone limitrofe viene condotta a Foggia. Cosa diversa invece sarebbe quella di prevedere per la struttura di San Severo utilizzo per portare avanti progetti mettendo insieme detenuti e comunità esterna per un percorso condiviso con tanti corsi professionali studiati ad hoc per ogni detenuto. E tutto ciò sarebbe possibile poiché i detenuti non sono tanti e quindi facilmente gestibili ed inseriti in tali progetti”.
Il Sappe “ritiene che tutto ciò avrebbe un senso e che le risorse umane ed economiche messe a disposizione del progetto non verrebbero sprecate come avviene ora. Forse questa contrarietà al cambiamento oltre che essere dovuta all’ignoranza di chi pensa più all’oggi per conquistare facile consenso all’interno del carcere di San Severo, implica un’indifferenza della comunità esterna a cui concretamente quello che accade all’interno del penitenziario non interessa. Nei giorni scorsi – concludono dal Sappe – i massimi dirigenti del nostro sindacato hanno avuto alcuni incontri al ministero della Giustizia, al DAP, e con politici nazionali, rappresentando proprio la situazione di San Severo che dovrà essere risolta o con la chiusura della struttura oppure con un adeguamento per rispondere appieno ai dettami costituzionali per cui la pena deve tendere al reinserimento del detenuto (art.27)”.