Cosa ci sarebbe stato se non ci fossero state interdittive e scioglimenti per mafia in territori ad alta penetrazione da parte della criminalità organizzata? Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non si è sottratto, accanto al prefetto Maurizio Valiante e alla commissaria straordinaria del Comune di Foggia Marilisa Magno, ad una analisi sull’efficacia degli istituti legislativi antimafia quali le interdittive e le misure di scioglimento delle assisi comunali, che comportano lunghi commissariamenti come quelli del Comune di Foggia.
“È evidente che l’interdittiva antimafia non ha il compito di interessarsi se un’azienda fallirà una volta ricevuto quell’istituto, ma di preservare i circuiti economici e amministrativi dalla presenza di interessi distorti. Il provvedimento non può certo fermarsi al mero fatto della possibilità di una incidenza di fallimento”, ha detto in esordio il ministro del Governo Meloni.
A suo avviso, la normativa antimafia si è fortemente evoluta e prevede già oggi “dei cuscinetti e delle compensazioni con interventi di natura collaborativa”. E ha spiegato: “L’amministrazione prima di usare uno strumento di natura interdittiva richiede la possibilità al soggetto interessato di poter integrare o modificare la compagine sociale preservando l’azione della parte sana dell’attività economica. La giurisprudenza ha anche ammesso il controllo e l’amministrazione giudiziaria per quelle imprese che si sono viste negare l’accesso in white list”.
L’ordinamento ha presente di utilizzare al meglio la compensazione tra intervento di natura interdittiva e la preservazione del patrimonio produttivo dell’azienda». Queste novità e aggiustamenti sulle interdittive potrebbero essere applicate anche allo strumento dello scioglimento dei comuni, secondo Piantedosi.
“Non v’è dubbio che l’istituto ha mostrato l’oggettiva difficoltà ad essere performante rispetto all’eradicamento delle infiltrazioni e alla rinascita dell’istituzione- ha ammesso il Ministro- ma i problemi a Foggia, ad esempio, sono talmente tanti che anche due anni di commissariamento sono pochi per riorganizzare l’ente. Eradicare le possibili infiltrazioni mafiose significa anche reimpostare l’azione amministrativa sulle gare d’appalto e sulla finalizzazione della governance. Ci sono state amministrazioni che anche in presenza di classi dirigenti che si ripromettevano di interpretare una stagione di rinnovamento sono state risciolte per fenomeni che avevano pervaso la struttura. Una riflessione va fatta e la porterò ai colleghi di governo: va trasposta la filosofia che sta animando le interdittive anche sullo scioglimento in modo da valutare formule intermedie di accompagnamento e di sostegno delle amministrazioni che registrano al proprio interno dei problemi con entità tali che non rendono conveniente la formula dello scioglimento. Occorre tenere fuori gli interessi criminali dall’amministrazione senza necessariamente decapitare l’ente”.