
C’è un clima molto teso e preoccupato al Don Uva dopo le indagini e le orribili violenze subite dagli ospiti ortofrenici. C’è anche vergogna in alcuni dipendenti e timore di essere tutti assimilati ai carnefici dei fragili pazienti con disagio mentale.
“Rompo il silenzio, il mio! Sono un’operatrice socio sanitaria, che lavora presso una struttura del Gruppo Telesforo”, scrive alla nostra testata una lavoratrice che preferisce rimanere anonima.
“Quello che è accaduto non ha giustificazioni, siamo di fronte alla peggiore specie, quella di esseri che non meritano neanche lontanamente un paragone con le bestie. Sono amareggiata come tutta la comunità, arrabbiata per quanto è accaduto presso la sede Don Uva. Leggo i commenti del popolo, ciò che scrivono le testate giornalistiche e anche qualche politico che, per un like di notorietà, è risultato a mio avviso, poco delicato”.
E ancora: “Ci metto la faccia, me ne frego di essere chiamata ‘lecchina’ ma lo devo a chi come me svolge il suo lavoro con empatia, amore, calore e professionalità. Quei filmati sono stati una lancia al cuore per noi e per i miei datori di lavoro, che hanno investito una vita, per fare della Sanità privata pugliese un fiore all’occhiello in tutta Italia”.
La dipendente fa chiarezza. In tanti hanno confuso la RSA con il reparto ortofrenico: “Quel reparto è un residuo manicomiale e vorrei ricordare al mondo che la psichiatria, dai tempi di Basaglia a oggi, non ha fatto un solo passo. Suamo di fronte a bestie, e criminali, ma quello che mi sta a cuore chiarire, è che in tv, sui giornali, sul web si parla di RSA e si lascia intendere che questo sia il trattamento riservato ai pazienti e questo il nostro modus operandi. Nulla di più falso,inanzitutto non siamo dipendenti presi nel “mazzo”,abbiamo eseguito corsi di formazione, tirocinio, affiancamenti, e soprattutto siamo super visionati dai nostri datori di lavoro”.
C’è molto rammarico nella sua lettera: “Addirittura la città sta organizzando una marcia contro gli OSS, ma quelli non vanno chiamati OSS, si offende la categoria anche di chi non lavora nelle nostre strutture, ma svolge il proprio lavoro con amore. Non siamo mai stanchi e l’amore che diamo non è mai troppo, per questo non meritiamo che sia fatto di tutto l’erba un fascio. Diventiamo amici delle famiglie, le rassicuriamo quando vengono dai loro cari e toccano con mano il benessere psicofisico dei loro cari, pertanto che non si paragonino gli oss a ‘quelli’. Il viso rammaricato, deluso, distrutto del mio principale mi fa male al cuore, perché non vi è un solo momento in cui hanno abbassato la guardia. E per debellare la gente insana presso quella struttura ha pagato a caro prezzo sulla propria pelle, le bombe, una vita fatta di rinunce per il bene della Sanità. Mica è facile per loro camminare con la scorta? Non avere più una privacy. E se questo non è amore per la Sanità, ditemi voi l’amore qual è? Hanno lottato per proteggere tutti, le loro strutture, i pazienti, le famiglie i dipendenti, la sanità, se lasciavano i delinquenti a quest’ora tutto sarebbe crollato. Abbiamo famiglie, figli, siamo genitori lavoriamo con amore e non è giusto che per la melma paghino tutti”.