“Odiavo i comunisti. Come li odiava mio padre, medico. Al piano di sopra abitava il capo del partito di Praga 14, il nostro distretto. Papà talvolta urlava dalla finestra del bagno la sua rabbia contro il regime. Ogni tanto qualcuno spariva”. Corre sui social e sul web il pensiero di Zdenek Zeman che, intervistato dal Corriere della Sera e Gazzetta dello sport, anticipa i racconti contenuti nell’autobiografia ‘La bellezza non ha prezzo’, scritta con Andrea Di Caro in uscita il 15 novembre.
Il tecnico nato a Praga, classe 1947 al Corriere ricorda l’infanzia dura: “Ci costringevano a festeggiare il compleanno di Stalin e di Lenin, ma io non ho mai portato un fazzoletto rosso” dice Zeman, rivelando di “aver sempre tifato Juventus”. “Per me il calcio sta diventando sempre più business. Quelli che vogliono fare sempre più business sono anche quelli che hanno più debiti. Vuol dire che non è la strada giusta” sottolinea alla Gazzetta. Nel libro viene citato Maradona, come l’unico capace di vincere da solo. Boccia la scelta del mondiale in Qatar (“Assurdo”) e parla naturalmente degli arbitri, in cui in più passaggi racconta di essere stato danneggiato.
Nell’autobiografia spazio poi a tutto lo Zeman pensiero: “Non sono mai esploso di gioia, ma ho visto i miei tifosi pazzi di felicità. Non sono mai rimasto a bocca aperta, ma li ho visti emozionarsi. Non mi sono mai messo le mani nei capelli, ma li ho visti disperarsi. Non ho mai avuto un sorriso stampato sul volto, ma li ho visti divertirsi tanto. Eppure dentro, in silenzio, a modo mio, quello che hanno vissuto apertamente loro l’ho vissuto anch’io” racconta. In questa pagine emerge anche lo Zeman intimo, quello fuori dal campo: e poi la carriera dai primi gradoni nel FOGGIA dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di Nedved; dalla Roma di un giovanissimo Totti (che dice “essere il più forte giocatore che ha allenato”) alle battaglie per un calcio pulito lontano dal doping. (ANSA).