Maria Cristina Raimo è una casalinga foggiana che lo scorso mese di giugno ha scoperto di avere un melanoma al dorso. Si opera presso la clinica San Francesco di Foggia, va tutto bene, e durante una delle visite di routine l’oncologo le prescrive una Tac con metodo di contrasto. E qui inizia il calvario.
“Nessun ospedale della Capitanata era disponibile ad effettuare questo esame. L’unico – racconta – era quello di Manfredonia. Prenoto a luglio e mi fissano l’appuntamento il 22 settembre. Mi presento in perfetto orario e cinque minuti prima dell’esame mi telefonano dall’ospedale di Manfredonia dove già mi trovavo, per dirmi che l’esame era stato annullato perché la dottoressa in questione non si era presentata perché ammalata. Si trova un sostituto, un medico in servizio presso lo stesso ospedale, ma anche questi si sente male e se ne va a casa. Mi reco dal direttore sanitario insieme ad altre sette persone in attesa dell’esame come me, provenienti anche da fuori provincia, e dopo tante urla finalmente si trova un altro medico. Sembra che sia la volta buona. Inizia l’esame, si rompe la macchina. Ci dispiace signora, deve andare a casa, la chiamiamo noi. Chiamo i carabinieri che non si presentano, vogliono che sia io ad andare da loro per la denuncia. Me ne torno a casa piangendo. Questa è la nostra sanità”. (In alto, l’ospedale di Manfredonia)
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