Bisogna avere davvero tanto tempo da perdere per far partire denunce anche dopo un innocuo post sui social. Ma purtroppo le querele “temerarie” o “bavaglio” sono consuetudine tra dirigenti di azienda, amministratori locali e politici poco o per nulla propensi ad accettare le critiche. Persone che prima si lamentano per le difficoltà della giustizia in provincia di Foggia, dove c’è un solo tribunale, ma poi ingolfano il sistema con denunce senza senso. La questione colpisce spesso i giornalisti, ma non solo loro.
Oggi il gip di Foggia ha archiviato un procedimento penale a carico di un medico di famiglia (L.I.) accusato di diffamazione per un banalissimo post su Facebook. Dopo quasi 30 anni di onorata professione, il medico si era lasciato andare ad uno sfogo (in piena pandemia). Questo il post: “In questi anni ho visto cose che occhi di umani non hanno mai visto, burocrati, laureati in Medicina che non hanno mai visto un paziente, atteggiarsi a Divinità, Laureati in psicologia assurgere a ruolo di arroganti Direttori Generali! Laureati in legge divenire Direttori di Distretto. Tutta gente con alte competenze specifiche dissertare su come il medico di famiglia debba operare!”.
Il medico venne querelato dall’allora direttore generale dell’Asl di Foggia Vito Piazzolla e dal direttore sanitario Lorenzo Troiano, e indagato per diffamazione. Il pm aveva chiesto l’archiviazione, ma i querelanti avevano fatto opposizione (!) non contenti della decisione del magistrato, confermando di avere davvero tanto tempo da spendere per queste bazzecole. L’opposizione si è rivelata inutile: dopo la camera di consiglio, il gip ha ordinato l’archiviazione.
Ordinanze come queste tracciano un distinguo tra la diffamazione e la lesa maestà. Nel provvedimento il gip ha correttamente dato risalto a un aspetto più volte evidenziato dalla difesa: “chi riveste un determinato incarico che comporta esposizione istituzionale, è naturalmente soggetto all’altrui valutazione”.