Il sequestro preventivo che il 7 marzo la Finanza ha eseguito sui conti dell’avvocato Giancarlo Chiariello ha portato a mettere le mani su quasi sei milioni di euro tra contanti, titoli e immobili. Sono i soldi ritenuti provento dell’evasione fiscale che il legale barese – appena condannato per corruzione in atti giudiziari a 9 anni e 8 mesi di reclusione insieme all’ex gip Giuseppe De Benedictis – avrebbe messo in atto nella più che trentennale carriera in cui ha assistito alcuni pezzi da novanta della criminalità pugliese. È quanto riporta La Gazzetta del Mezzogiorno in un approfondimento sul “tesoro” dell’avvocato.
Chiariello è stato legale di molti personaggi di spicco della mafia foggiana e garganica che si rivolgevano a lui soprattutto per i ricorsi in Appello. In “Decima Azione” difendeva il boss dei boss Rocco Moretti detto “Il porco” e il suo nipote e sodale Massimo Perdonò alias “Massimino”. Ma anche sul Gargano ha rappresentato molti pregiudicati noti della criminalità organizzata, tra questi Matteo Lombardi, Francesco Scirpoli, Marco Raduano e Danilo Della Malva, quest’ultimo arrestato e condannato per la vicenda delle mazzette al giudice De Benedictis. Della Malva, con il tramite di Chiariello, avrebbe ottenuto una “scarcerazione facile” sotto pagamento di una tangente di 30mila euro.
Il tesoro dell’avvocato
Inizialmente, i carabinieri trovarono a casa di Alberto Chiariello (figlio di Giancarlo) 1,1 milioni di euro in contanti suddivisi in alcuni zaini. I soldi sono stati confiscati. Sigilli anche all’immobile del figlio, ad una casa in cui viveva l’avvocato e all’appartamento dove aveva sede lo studio legale ormai chiuso. Stando sempre alla ricostruzione della Gazzetta, su un conto Chiariello aveva 3,6 milioni di euro tra disponibilità liquide e investimenti mobiliari, ma non veniva movimentato da tempo, segnale che il professionista maneggiasse soprattutto contanti. Nonostante queste ricchezze, secondo la Procura Chiariello dichiarò redditi tra i 26mila e i 60mila euro annui tra il 2016 e il 2019. I difensori di Chiariello hanno presentato ricorso al Riesame contro il decreto di sequestro preventivo.
Dall’inchiesta della Finanza sono emerse presunte “parcelle d’oro”. “Considerato che tra i numerosi assistiti vi erano anche soggetti divenuti collaboratori di giustizia – la nota stampa dei finanzieri -, si è proceduto ad acquisirne le pertinenti dichiarazioni, secondo le quali l’onorario del penalista – per il solo studio del procedimento – ammontava a 10mila euro, per raggiungere l’importo di 100mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio. Pagamenti, questi, effettuati tutti per contanti, in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale”.