“La disciplina dei singoli dipartimenti prevede, come condizione essenziale di accesso ai dipartimenti, l’omogeneità dei settori scientifico-disciplinari, in riferimento agli aspetti connessi sia alla ricerca che alla didattica, e l’appartenenza alla stessa comunità scientifica”. È questa una frase cruciale della sentenza del Tar Puglia nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati Rita Tricarico, Alfredo Giuseppe Allegretta e Lorenzo Ieva in ordine allo spinoso caso che ha visto contrapposti i quattro accademici del Dipartimento di Scienze Agrarie, l’ex Safe, Sandro Del Nobile, Diego Centonze, Amalia Conte e Carmen Palermo che si sono visti rifiutare l’ingresso nel nuovo dipartimento, denominato Dafne, e l’Unifg della gestione del magnifico rettore Pierpaolo Limone. La sentenza boccia in toto l’operato dell’Ateneo foggiano e la decisione del diniego offerto ai quattro docenti, definendo anche il motivo addotto alla esclusione dei professori – il famoso clima accademico e lo stress subito dai colleghi – “del tutto arbitrario e non specificato”. Il caso come si ricorderà finì in un longform di Repubblica. Oggi il Tar dà quindi ragione ai quattro docenti, laddove invece l’Unifg annuncia già un ricorso al Consiglio di Stato.
“Rispettiamo il punto di vista dei magistrati – si legge in una nota del rettorato – cercheremo di rappresentare la situazione in modo più efficace al Consiglio di Stato chiarendo che siamo un’università competitiva che ha a cuore l’ottimo funzionamento dei Dipartimenti piuttosto che le posizioni conservatrici di pochi che vorrebbero lasciare tutto immutato arroccandosi nei piccoli gruppi di potere e salvaguardando i loro privilegi.
Nell’ottica di una sempre più avvertita necessità di miglioramento e adeguamento ai tempi che cambiano facciamo dialogare con tagli interdisciplinari i vari Dipartimenti; questa è la nostra mission e non c’è nulla di anomalo, tutt’altro, nel portare avanti l’ibridazione dei saperi e le nuove sfide di una Università che sia veramente al passo con i tempi. A ciò si aggiunge che la serenità e la correttezza dei rapporti tra i componenti dei Dipartimenti devono essere assicurate per garantire uno sviluppo dell’attività di ricerca e di didattica senza nessuna conflittualità. Il nostro operato andrà sempre nella direzione tesa a implementare le attività scientifiche di ciascuno senza penalizzare il proprio settore scientifico-disciplinare di appartenenza ma andando in una direzione che sia quanto più possibile efficace e competitiva grazie ai saperi condivisi e multidisciplinari”.
Ma andiamo con ordine e ripercorriamo i fatti e la sentenza. Nel 2021 ai prof Del Nobile, Centonze, Conte e Palermo veniva negato dal rettore l’ingresso nel neo costituendo dipartimento Dafne. E ad ognuno di loro poi veniva velatamente proposta la possibilità di aderire ad altri dipartimenti, da qui la richiesta da parte dei quattro di aggiungersi al Demet, ossia Economia. Del Nobile non accettò la proposta di ricollocazione presso il DEMET, avendo subordinato espressamente l’accettazione della medesima al buon esito della “proposta compositiva”. Secondo i giudici, la sfera giuridica degli interessi dei ricorrenti è stata incisa nel momento successivo in cui il Senato Accademico ha negato ai ricorrenti il trasferimento il 10 febbraio del 2021. Con un provvedimento finale, “opportunamente impugnato in quanto effettivamente lesivo”, scrivono i giudici.
Ma c’è di più, perché avrebbe dovuto essere il nuovo dipartimento a rifiutare i docenti. Non quello vecchio. È il senato accademico che provvede a disciplinare la fase transitoria”. E si legge: “Il diniego di trasferimento opposto ai ricorrenti non è stato preceduto dal parere del Dipartimento DAFNE neo istituito. Il Rettore, che nella fase di transizione ha assunto le competenze di direttore di Dipartimento, ha ritenuto di proseguire in assenza del parere, per demandare al Senato Accademico “sia la funzione di gestione e disciplina della fase transitoria del disattivando Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente, che quelle di propria esclusiva spettanza disciplinate nel dianzi richiamato articolato statutario”.
La vicenda così come svoltasi, si legge nella sentenza, risulta in contrasto con l’art. 30, comma 10, dello Statuto nella parte in cui prescrive che“il senato accademico delibera in merito”alla richiesta di trasferimento dei docenti presso un altro Dipartimento della stessa Università,“previo parere del dipartimento al quale il richiedente afferisce e del dipartimento al quale il richiedente intende afferire”.
Insomma, il Rettore ha avocato a sè anche i poteri intestati al Dipartimento Dafne, si legge in successivo passaggio della sentenza. È risultato del tutto assente il Consiglio di Dipartimento del neo istituito Dafne. Il Tar contesta anche le “asserite conflittualità”, che sarebbero evidenziate non su ragioni oggettive ostative alle richieste di adesione al nuovo Dipartimento. L’Unifg non mette alla porta del Dafne i prof su questioni meritocratiche di didattica e di ricerca, ma solo per questioni personali soggettive e mai sostanziate e motivate dalla comunità accademica con atti o rilievi.
I giudici sono netti a riguardo e scrivono: “È evidente che gli assunti addotti dal rettore non sono espressione di valutazione (in termini di afferenza) della didattica e della ricerca e non recano in nessuna parte un esame obiettivo della didattica e della ricerca riconducibile ai settori Ssd Agr/15 e Chim/01, migrati dal Safe al Dafne, e delle ragioni per le quali i ricorrenti non possono afferirvi. La stessa struttura organizzativa del Dafne (al netto di qualsivoglia fantomatico nuovo corso di ingegneria in esso ipoteticamente attivato) di per sé risulta essere stata null’altro che una mera riedizione per ridenominazione del vecchio Dipartimento Safe, posta in essere non per finalità di migliore riorganizzazione o di servizio agli studenti di alcun genere, ma semplicemente allo scopo di ostracizzare i quattro docenti non graditi, realizzandosi così, come già anticipato, un caso di scuola di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica”.
Può una Università spostare i docenti a proprio piacimento per i dipartimenti e negare loro l’insegnamento nella aree scientifica di afferenza? Secondo il Tar no. “Il provvedimento di diniego, non solo non risulta adeguatamente motivato, ma si sostanzia, all’apparir del vero, in un atto punitivo in danno dei ricorrenti posto al di fuori di qualunque corretta logica amministrativa, caratterizzandosi peraltro per avere come presupposto un uso palesemente abusivo e distorto del potere organizzativo dell’Università, essendosi consapevolmente deciso di costituire in modo del tutto strumentale un nuovo Dipartimento al fine pragmatico unico di escludere dal medesimo i ricorrenti”.
I giudici ammettono che sussiste un diritto soggettivo del singolo docente all’afferenza ad uno specifico Dipartimento, ma l’Università deve trovare una collocazione funzionale (e non punitiva) al docente che ne faccia richiesta. Si esprimono anche sulla discrezionalità dipartimentale, che per i giudici non è libera, ma, al contrario, “deve essere effettuata nel rispetto di specifici canoni, che nel caso di specie erano stati rintracciati nell’omogeneità dei settori scientifico disciplinari e nell’appartenenza alla medesima comunità scientifica, oltre a dover comunque tener da conto che la ricerca di una collocazione per il docente rappresenta comunque un onere a cui si deve adempiere nell’interesse stesso dell’apparato universitario”.