Spunta il clan Trisciuoglio dietro l’attentato al pub Poseidon del 9 gennaio scorso. DDA di Bari e squadra mobile di Foggia hanno fermato il 46enne Federico Russo, già noto agli inquirenti, e suo figlio minorenne. I due sono ritenuti gravemente indiziati dei reati, tutti aggravati dal metodo mafioso, di detenzione e porto di materiale esplosivo, danneggiamento, e il solo 46enne del delitto di tentata estorsione. Vittima Alessandro Carniola, titolare del locale di vico Ciancarella, pieno centro storico di Foggia. Carniola è a sua volta conosciuto dalle forze di polizia, tuttora imputato nel processo antimafia “Baccus”. Oltre al “Poseidon”, l’imprenditore detiene l’azienda di distribuzione di caffè “New Coffee 0861”, anche questa finita nel mirino della malavita ad inizio 2022.
Secondo una nota stampa divulgata dagli inquirenti, Russo è nipote di Federico Trisciuoglio (foto in alto) detto “Enrichetto lo Zoppo” o “Polpetta”, boss indiscusso della batteria “Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese” e nome storico della “Società Foggiana”, attualmente al 41bis.
Federico Russo è inoltre fratello di Massimiliano Russo alias “Massimino”, quest’ultimo coinvolto nell’operazione “Decimabis” ed attualmente sotto processo per mafia, accusato di aver riscosso materialmente somme estorsive dagli ambulanti del mercato settimanale di Foggia.
Incastrati dalla videosorveglianza
Russo e suo figlio minorenne sono stati pizzicati grazie ad una meticolosa attività di indagine svolta dagli investigatori della Polizia di Stato, che hanno visionato ed analizzato i molteplici filmati ripresi dalle telecamere pubbliche e private della città acquisiti nell’immediatezza degli eventi delittuosi.
Infatti, nell’episodio dinamitardo del 9 gennaio le numerose ore di filmati acquisiti dagli investigatori, oltre ad inquadrare due persone travisate nel momento in cui è stato posizionato l’ordigno artigianale, hanno ripreso il tragitto che gli stessi avrebbero percorso, dopo aver compiuto l’azione delittuosa, sino al raggiungimento di un luogo sito nei pressi della loro abitazione. Durante il tragitto, Russo e il figlio, al fine di rendere più complessa l’acquisizione di elementi investigativi a loro carico, si sono liberati di parte degli indumenti indossati nella fase esecutiva dell’attentato.
La disamina dei molteplici filmati acquisiti ha quindi permesso di evidenziare le caratteristiche fisico-somatiche e particolari che sono stati ritenuti individualizzanti degli indagati (sempre salvo il successivo vaglio processuale), elementi opportunamente riscontrati da una mirata perquisizione effettuata dagli investigatori della Polizia di Stato, la quale ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro parte degli indumenti utilizzati per il compimento del grave reato.
Nei due provvedimenti viene contestata anche l’aggravante della mafiosità dell’azione criminale, con specifico riferimento alle eclatanti modalità con cui l’azione è stata commessa, facendo esplodere un ordigno sulla pubblica via, modalità tipiche delle metodiche mafiose ed idonee a provocare allarme sociale nella collettività, rafforzando il messaggio intimidatorio ai danni delle vittime.
Sul punto, si evidenzia che gli accertamenti tecnici espletati da personale del Servizio Polizia Scientifica di Roma hanno effettivamente accertato che l’ordigno possedeva spiccata potenzialità offensiva. Infatti, l’onda pressoria generata dall’esplosione e il materiale proiettato avrebbero potuto cagionare gravi lesioni, anche potenzialmente mortali, a chi si fosse trovato in quel momento nei pressi del luogo dell’esplosione. Ed in effetti, come accertato in sede di sopralluogo da parte del personale della Polizia di Stato, la deflagrazione ha causato rilevanti danni, consistenti in danneggiamento di infissi, suppellettili, arredi, vetrate e parte delle strutture murarie del locale.
Si tratta di un accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita, quanto al fermo, della convalida del gip ed eventuale ordinanza applicativa di misura cautelare e, in ogni caso, per entrambi i provvedimenti, della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa.