Continuano le polemiche attorno alla figura del mattinatese Michele Di Bari, ex capo dipartimento Immigrazione del Viminale che si è dimesso ieri per l’indagine anticaporalato che coinvolge la moglie Rosalba Bisceglia. Forti imbarazzi anche nel mondo del clero, Di Bari siede nel cda di Casa Sollievo, uno degli ospedali del Vaticano. Tra i più turbati ci sarebbe anche il vescovo di Manfredonia, Franco Moscone.
Intanto, Papa Francesco proprio ieri ha fortemente condannato chi si macchia del reato di sfruttamento: “Quanti braccianti sono – scusatemi la parola – ‘usati’ per la raccolta dei frutti o delle verdure… E poi, pagati miserabilmente e cacciati via, senza alcuna protezione sociale. Soprusi, violenze, negligenze, omissioni non fanno altro che aumentare la cultura dello scarto. E chi non ha tutele verrà sempre messo ai margini”.
In queste ore, Michele Di Bari, ex prefetto di Reggio Calabria, è stato duramente attaccato dal sindaco di Riace, Mimmo Lucano in un’intervista a “Il Manifesto”. I due hanno avuto a che fare dal 2017 al 2019, quando Di Bari era a capo della Prefettura calabrese. “Le mie critiche sono state sempre di natura politica e le sue dimissioni la dimostrazione che la luce si fa strada da sola”, le parole di Lucano alla testata romana.
“Il problema è di natura politica. Troppi misteri si sono annidati nella Prefettura di Reggio quando a guidarla era Di Bari. Prima che lui arrivasse – ricorda Lucano -, Riace aveva avuto sempre rapporti molto stretti con la Prefettura perché era sempre disponibile ad accogliere a tutte le ore i migranti. Un filo diretto tra istituzione e seconda accoglienza che funzionava. Poi, con il cambio al vertice, tutto è iniziato a mutare. La Prefettura è diventato luogo ostile, era impossibile comunicare con i funzionari. In quel tempo la notorietà acquisita da Riace era alta e aveva attirato l’attenzione mondiale. Sono iniziate le ispezioni della Guardia di Finanza, dei funzionari prefettizi. Quattro relazioni in poco tempo, due a favore e due contrarie. Una di queste, quella più favorevole dove si descrive il modello di accoglienza di Riace, così come lo raccontava il mondo intero, è sparita. Abbiamo aspettato un anno con incessanti richieste formali dei miei legali prima di poterla leggere per intero. Un giorno mi presentai con padre Zanotelli in Prefettura e Di Bari si rifiutò di incontrarci. Mentre fu molto solerte e puntuale nel firmare l’autorizzazione a una manifestazione neofascista a Riace. Portarono le bandiere nere fin sotto al Comune. Una vergogna”.
Ora Salvini attacca la ministra Lamorgese, ma fu proprio il leghista a nominare Di Bari per l’importante incarico al Viminale. “Penso che Salvini è capace di tutto – commenta Lucano -, anche di smentire se stesso. Ma se è stato lui a nominare Di Bari capo dipartimento del Viminale, cosa vuole ancora? Era stato lo stesso prefetto a firmare l’ordine di demolizione della baraccopoli di San Ferdinando. Quando Salvini si presentò con le ruspe c’era al suo fianco proprio Di Bari. È uno scandalo che Di Bari sia stato confermato al vertice del dipartimento Immigrazione anche dai governi Conte e Draghi. Le piaghe del caporalato, del neoschiavismo, delle baraccopoli come Rosarno e Foggia sono i frutti marci di una politica delle migrazioni fallimentare. Io continuo a girare per l’Italia per raccontare Riace. Per parlare degli sfruttati, rievocare Becky Moses, Soumaila Sacko e gli altri martiri della Piana. Perché, malgrado la procura di Locri, il prefetto Di Bari e gli altri personaggi che l’hanno affossata, Riace è per sempre”.