È incredibile la vicenda capitata ad una disabile dei Monti Dauni, alle prese con un “miracolo” burocratico che le sta causando danni enormi. In una lettera di denuncia inviata al nostro giornale, ha raccontato l’inverosimile storia personale, scaturita nell’assurda decisione della commissione invalidi dell’Asl di Foggia che ha ribaltato la condizione di cecità (a causa di una malattia degenerativa) considerandola “guarita”. H.B., donna di 56 anni di Pietramontecorvino, ha intrapreso la battaglia legale per “contribuire alla futura tutela dei portatori di handicap che, come me, vivono in una situazione di disagio e di svantaggio sociale direttamente dipendente dalla disabilità e menomazione, nonché dal contesto sociale in cui vivono”.
“All’età di 18 anni mi fu diagnosticata la degenerazione progressiva e bilaterale della retina e dell’epitelio pigmentato retinico, causata da mutazioni genetiche, ossia la retinite pigmentosa, riconosciuta, dal mondo scientifico, come malattia rara e degenerativa – ci spiega -. Ora mi trovo in una situazione di disagio per l’assurdità di ciò che mi sta capitando a causa della superficialità della commissione per la verifica delle condizioni visive e della sordità di Foggia, alla quale ho fatto richiesta di aggravamento e dalla quale sono stata sottoposta a visita 24 aprile scorso”. Ecco il responso che le è stato recapitato, nonostante l’ulteriore refertazione medica dell’ambulatorio di ipovisione e riabilitazione visiva dell’ospedale Casa Sollievo Della Sofferenza, nonché l’allegato campo visivo, arrecante l’annotazione chiara “il paziente ha percepito 4 punti per 120, con punteggio di Esterman 3 ( cieca civile assoluta per campo visivo inferiore al 3%)”: “La paziente è priva di minorazioni visive previste dalla Legge 382/70 – non cieco civile – non possiede alcun requisito tra quelli di cui all’art. 4 D.L. 9 Febbraio 2012 n. 5 – decorrenza dal 19/02/2021″.
Eppure, dal 2003 diverse commissioni hanno accertato la sua disabilità. A cominciare dalla prima istanza, in cui venne riconosciuta l’invalidità con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ad 1/3 ed inferiore al 74% (35%). “Da allora, essendo la mia patologia degenerativa, ho comunicato sempre il peggioramento delle mie condizioni – ha raccontato -, che progressivamente sono state stabilite in misura superiore al 75%, con riconoscimento della 104, per via del grado di handicap superiore a 2/3. Eppure, anche su questo non c’è chiarezza, perché per altri l’invalidità è del 55%. Possibile che non si riesca ad essere chiari nemmeno su questo?”.
Una vicenda kafkiana, che si snoda tra le maglie di una burocrazia snervante. L’insegnante ha prodotto al giornale i verbali che attestano l’assurdità dei vari passaggi nel tempo. “Quello che è stato stabilito recentemente contrasta totalmente con i precedenti verbali di invalidità, trattandosi di una patologia degenerativa. Magari potessi tornare a vedere. Riesce veramente difficile comprendere che cosa abbia indotto questi signori della commissione medica a formulare il giudizio in questione che, di fatto, fa regredire totalmente, a loro dire, la mia patologia che, purtroppo, peggiora giorno per giorno e, nel contempo, mi viene lecita una domanda: ma queste persone appartenenti alla comunità medico-scientifica componenti la commissione medica in questione, come hanno potuto non comprendere la situazione, peraltro chiaramente descritta nella documentazione medico-strumentale acquisita agli atti; come mai non sono riusciti a distinguere la differenza tra visus e residuo perimetrico binoculare? Ecco, una persona con handicap, spesso viene umiliata, mortificata e costretta alla rinuncia dei benefici acquisiti a causa della sua malattia invalidante che, come sanno tutti i medici di questo mondo, purtroppo peggiora ma non può certamente migliorare, tranne i casi di accertato miracolo come nel mio caso, che per loro da cieca totale che ero, sono guarita. E per di più, da una malattia degenerativa”. Ora ha deciso di presentare un ricorso al giudice. “Mi metto nei panni delle persone che non possono permettersi un legale o, per qualsiasi motivo, non si trovano nelle condizioni di inoltrare un ricorso. Cosa farebbero? Saranno costretti a subire sommessamente l’ingiustizia subita vita natural durante? E poi, come potranno risarcirmi per questo periodo d’inferno nel quale mi trovo revocate tutte le agevolazioni, giustamente riconosciutemi, che mi permettevano di muovermi, di lavorare in serenità, di curarmi con le agevolazioni previste dal mio stato di handicap e di condurre una vita per lo meno accettabile?”.
Poi conclude: “Nella scuola media dove insegno, quando sono con una classe nuova mi capita spesso di essere presa in giro dagli studenti perché inciampo e vado a sbattere. Ma non me la prendo, è difficile comprendere chi si ritrova a vedere sempre la vita da uno spioncino, come se avesse costantemente i paraocchi. Da qualche tempo, però, faccio portare da casa alcuni tubi della carta igienica, invitandoli a guardare attraverso il buco per fargli comprendere la mia situazione. Loro capiscono e non vedo più sorrisetti: mi vengono incontro e mi aiutano”. Forse, un metodo del genere potrebbe essere utile anche ai valutatori delle invalidità civili di Foggia.