“Io credo che ci sia un uso proprio e improprio della psichiatria forense. La psichiatria serve a capire se c’è il dolo, come in questo caso, e se ci sono le attenuanti che in questo processo sono poche. Inoltre, non mi sembra che siano annullate o scemate le capacità di intendere e volere”. Così il noto psichiatra e criminologo, Alessandro Meluzzi, oggi a Foggia per il processo a carico di Francesco D’Angelo, giovane sanseverese accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Roberta Perillo, consumato brutalmente l’11 luglio 2019 nell’abitazione della vittima. Meluzzi è intervenuto in qualità di consulente dei familiari della vittima. “Le prove sono legate alla storia di questo personaggio, ai modi e alle forme del delitto e all’assenza di una storia clinica vera – ha rimarcato l’esperto -. È del tutto sbagliato pensare che il giorno dell’omicidio questo soggetto non avesse capacità di intendere e volere”.

Prosegue a ritmi serrati il processo all’imputato (difeso dal legale Curtotti) dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Foggia, presieduta dal giudice Mario Talani, pm Rosa Pensa. Le parti civili rappresentate dagli avvocati Guido de Rossi, Roberto de Rossi e Consiglia Sponsano non hanno dubbi sulla volontà del killer di mettere fine alla vita della povera Roberta. Tesi rimarcata oggi proprio da Meluzzi, sentito dai giudici su quello che è poi il punto nodale dell’intera vicenda giudiziaria.