8mila dosi di AstraZeneca inutilizzate nel Foggiano. Piazzolla: “Ci servono medici, ne potrei assumere 180 domani”

Solo due giorni fa, l’obiettivo giornaliero dei vaccini si è fermato a poco più di 3mila somministrazioni. Un dato molto distante dalle 5mila previste dall’obiettivo

Quasi 8mila dosi di AstraZeneca inutilizzate, in giacenza perché molti le rifiutano. E una parte della macchina che non riesce a raggiungere il target proprio per la sfiducia dei cittadini. Solo due giorni fa, l’obiettivo si è fermato a poco più di 3mila somministrazioni in una giornata: molto lontano dalle 5mila previste. “Siamo in una fase di rallentamento dei contagi, siamo passati dalle centinaia alle decine di casi – spiega il direttore generale dell’Asl, Vito Piazzolla -, ma questo non significa che possiamo permetterci di rallentare. Anzi. Ci sono tutte le attività ordinarie e programmate che devono ripartire. Solo che la sfiducia ingiustificata verso alcuni vaccini non aiuta”.

Sembrano lontani i focolai nelle strutture per anziani, ma cluster continuano a verificarsi soprattutto in ambito familiare. Eppure la provincia di Foggia è in linea con il piano nazionale e con l’ottima capacità della Puglia di utilizzare le dosi disponibili (ancora troppo poche). Al contempo, bisognerebbe rispondere ai bisogni di salute dei pazienti ‘trascurati’ per l’emergenza pandemica, gli oncologici in particolare. Anche su questo, tuttavia, ci sono criticità che sembrano insuperabili. “Ci mancano moltissimi medici – chiosa il manager -, potrei assumere 180 nuovi medici se solo si presentassero domani. Purtroppo la domanda è superiore all’offerta e tutti gli avvisi rimangono deserti…”.

“Abbiamo avuto un grande supporto dall’Istituto di igiene e dai privati per risolvere gli importanti focolai che si sono presentati in Capitanata, il sistema ha retto e non era scontato. Ci è andata bene – aggiunge -, ora dobbiamo ripensare tante cose. Abbiamo fatto importanti sperimentazioni, soprattutto sulla telemedicina. Abbiamo rimodellato l’organizzazione interna precisando meglio la catena di responsabilità. Molto altro c’è da fare per trattare meglio i pazienti. Una cosa bisogna dirla però: molte delle persone che andavano a curarsi in altre regioni, alimentando la cosiddetta mobilità passiva, sono rimaste qui ed hanno avuto l’assistenza necessaria”, conclude.

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