“I numeri dicono che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole”: il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all’1%. I dati sono riportati in uno studio ripreso dal Corriere della Sera.
“Di più: la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt . Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città”, spiega l’esperta al quotidiano. Ancora, il ruolo degli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale: “I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese”.
In altre parole i focolai da Sars-Cov 2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante. Quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori, “ma questo è lo stesso rischio che si assume, ad esempio, in qualunque ufficio”.
Quanto all’aumento del numero dei giovani che si ammalano e vengono intercettati, bisogna mettere in relazione il dato con l’impennata del numero di tamponi effettuati durante la didattica in presenza: «In mancanza di evidenze scientifiche dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione dovrebbe essere quello di mantenere le scuole aperte per contenere i danni gravi, ancora non misurabili scientificamente in tutta la loro portata e senz’altro irreversibili sulla salute psicofisica dei ragazzi e delle loro famiglie. La scuola dovrebbe essere l’ultima a chiudere e la prima a riaprire», si sbilancia Gandini, tra l’altro promotrice con il medico Paolo Spada del gruppo di scienziati Pillole di ottimismo, con centinaia di migliaia di sostenitori sul web. “Ci sono rischi anche nel tenere così a lungo chiuse le scuole. In Italia gli adolescenti delle superiori sono andati a scuola mediamente, quest’anno, solo 30 giorni in tutto”.