A Santo Stefano la squadra mobile di Foggia e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, hanno eseguito un’ordinanza impositiva della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Foggia, al termine delle indagini coordinate dalla DDA. Provvedimento a carico di Aldo Checchia, 29enne, Domenico La Gatta, 47enne, Nicola Valletta, 34enne e, soprattutto, del boss Federico Trisciuoglio, 67enne capomafia della batteria omonima, alias “Enrichetto Lo Zoppo”. Gli ultimi due già arrestati giorni fa in un’inchiesta costola di “Decimabis”.
I quattro sono ritenuti responsabili di tentata estorsione ed estorsione consumata ai danni di imprenditori e commercianti foggiani. È emersa una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice regolativo predefinito e condiviso, significativamente denominato come il “Sistema”. Gli arrestati avevano costituito una cassa comune, finalizzata al pagamento degli “stipendi” per i consociati, nonché al mantenimento dei sodali detenuti e dei loro familiari, anche attraverso il sostenimento delle spese legali, così sviluppando collaudati processi di gestione centralizzata nell’acquisizione e nella ripartizione delle risorse economiche. C’è poi la gestione del racket delle estorsioni e la riscossione di una vera e propria tassa di sovranità. Su un libro mastro la lista delle attività commerciali ed imprenditoriali estorte, nonché gli “stipendi” pagati agli associati. I clan regolavano le dinamiche interne attraverso il sistematico ricorso alla violenza brutale, quale strumento di definizione degli assetti interni e delle gerarchie associative. Secondo gli investigatori, i boss avrebbero sviluppato, negli ultimi anni, una significativa vocazione imprenditoriale, ed una parallela opera di infiltrazione nel settore amministrativo, orientando il sodalizio mafioso verso un più evoluto modello di mafia degli affari.
Quest’ultima indagine, condotta da Sco e squadra mobile è stata avviata grazie alla fondamentale collaborazione di alcuni imprenditori, che hanno denunciato alla Polizia di Stato le richieste estorsive e le intimidazioni subite. La stessa indagine aveva gia portato all’arresto, lo scorso 3 dicembre, di Aldo Checchia e Domenico La Gatta, nei cui confronti la DDA aveva emesso un decreto di fermo. Con il provvedimento cautelare eseguito il 26 dicembre, il gip di Bari ha contestato a Checchia la partecipazione al sodalizio mafioso denominato “Società Foggiana” e di essere l’autore materiale, con il capo Trisciuoglio, di un tentativo di estorsione (denunciato da un noto imprenditore foggiano) e di altri episodi estorsivi, consumati o anche solo tentati, ai danni di altri imprenditori foggiani. È stata dimostrata l’operatività della “batteria” capeggiata da Trisciuoglio che, malgrado fosse in regime di detenzione domiciliare, continuava a gestire le attività criminose della “batteria”, impartendo agli affiliati precisi ordini sugli obiettivi da taglieggiare.
Sono stati provati numerosi incontri tra il boss ed i suoi sodali, ma anche incontri con alcuni imprenditori costretti a recarsi a casa sua per consegnargli denaro. È emerso che i membri della “Società Foggiana” controllavano anche attività illecite commesse da altri soggetti, da cui riscuotevano quote destinate al sostentamento del capo e di altri associati. Contestata, infatti, anche un’estorsione ai danni di un trafficante all’ingrosso di stupefacente, costretto a versare una “tassa di sovranità” – pari ad euro 3.000 al mese – perché gli fosse permesso di svolgere la sua illecita attività. L’inchiesta ha anche certificato l’esistenza di un rapporto di alleanza e mutua assistenza tra la “batteria” dei “Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe” a quella dei “Moretti-Pellegrino-Lanza”. Sono stati infatti documentati, tra Checchia e Valletta ed elementi apicali dei Moretti, numerosi incontri finalizzati alla spartizione degli utili. Accertato, inoltre, il coinvolgimento di Valletta in un ulteriore episodio estorsivo, commesso ai danni di un commerciante foggiano, costretto a versare all’organizzazione mafiosa una tangente periodica mensile tra i 500 e i 1.000 euro al mese.
Il successo dell’indagine è il frutto dell’impegno della polizia e della magistratura antimafia, ma anche della collaborazione di alcuni imprenditori foggiani, che hanno finalmente deciso di non sottomettersi più alle prepotenze dell’organizzazione e di affidarsi allo Stato, dando così un chiaro segnale di discontinuità rispetto alla abituale condizione di omertà della vittime.