Confermato lo scioglimento per mafia del Comune di Cerignola. Respinto il ricorso dell’ex sindaco, Franco Metta sconfitto davanti ai giudici del Tar Lazio. Lo riporta la testata cerignolana, lanotiziaweb.it. “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate”. Confermate le contestazioni del prefetto di Foggia, Raffaele Grassi. Evidenziato “il condizionamento dell’Ente ed il suo non occasionale asservimento agli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso”. Inoltre, è emersa una “logica di asservimento agli interessi della criminalità organizzata che costituisce un abuso dell’articolo 36 del Codice degli Appalti Pubblici, giacché sottrae costantemente gli affidamenti ad una competizione che normalmente determina l’abbassamento dei prezzi; inoltre è evidente che gli affidamenti diretti consentono di scegliere il beneficiario del contratto”.
“Il Collegio non ritiene quindi di doversi soffermare sui numerosi altri episodi in cui la Commissione di accesso ha riscontrato anomalìe o possibili collegamenti tra gli operatori economici affidatari di lavori, servizi o concessioni e la criminalità organizzata. Trattasi comunque di vicende (quella relativa alla realizzazione del palazzetto dello sport, ai lavori di ampliamento del cimitero, ai lavori di recupero edilizio dell’edificio “ex stalloni”, alla concessione dello stadio comunale -OMISSIS-) in cui si constata che l’operatore economico beneficiario dell’affidamento, pur non attinto direttamente da interdittiva antimafia, e pur avendo conseguito l’affidamento all’esito di procedure apparentemente non caratterizzate da particolari illegittimità o anomalìe, ha qualche collegamento non occasionale con appartenenti a clan locali della criminalità organizzata. Si tratta dunque di situazioni che, calate in un contesto in cui la sussistenza di condizionamento mafioso risulta verosimile alla luce di ulteriori elementi, confermano il quadro indiziario già tratteggiato. Per concludere il Collegio deve rilevare che il ricorrente non ha allegato né dimostrato azioni concrete ed in fatto con cui l’Amministrazione è andata contro gli interessi della criminalità organizzata, limitandosi ad enumerare una serie di iniziative compendiatesi solo in mere esternazioni formali. In questo senso non sono dirimenti le iniziative assunte dall’Amministrazione -OMISSIS- per contrastare l’abusivismo degli ambulanti, l’istituzione della centrale Unica di Committenza, l’istituzione del regolamento disciplinante l’Albo dei fornitori, trattandosi di misure che in caso di condizionamento mafioso possono essere aggirate. Quanto al fatto che fosse sistematicamente richiesta la certificazione antimafia, essa costituiva un obbligo al quale gli organi comunali non avrebbero potuto sottrarsi, senza suscitare interrogativi. Si è visto, comunque, che in alcuni casi, con il pretesto di una (dubbia) urgenza, alcuni affidamenti diretti e provvisori sono stati rinnovati ad operatori già destinatari di interdittiva antimafia. Quanto al fatto che la grande maggioranza degli affidamenti sia avvenuta all’esito di gare formalmente legittime, per lo più a favore di diversi operatori economici e per lo più all’esito di gare aperte, non pare costituire elemento indicativo dell’inesistenza di condizionamento mafioso, giacché questo non necessariamente deve interessare l’intera totalità dell’attività dell’ente, ed inoltre per la ragione che proprio per salvaguardare certi interessi v’è la necessità di dare un’apparenza di legalità nell’agire dell’ente. Il Collegio ritiene, conclusivamente, che le Amministrazioni resistenti abbiano fatto buon governo delle norme e dei principi giurisprudenziali richiamati nella prima parte della motivazione in diritto, ragione per cui il ricorso va respinto”.