Alba di arresti contro la mafia. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone, alcune delle quali contigue alle batterie della “Società foggiana”. Un provvedimento emesso dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese. “Si tratta di un’indagine complessa ed articolata coordinata dalla Procura della Repubblica di Bari – spiegano i militari in una nota stampa – che ha di fatto consentito di disarticolare un “sistema criminale” radicatosi in Foggia e provincia, ma avente anche significative proiezioni criminali in Abruzzo e Molise. Contestata in particolare l’associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nella cui disponibilità c’erano anche armi e munizioni”.
In carcere Gianfranco Bruno alias “Il Primitivo”, classe 1978; Luigi Valletta, classe 1981; Maurizio Lombardi, classe 1984; Giovanni D’Atri, classe 1988; Giuseppe Albanese detto “Prnion”, classe 1980. Domiciliari invece per Maurizio Aprile, classe 1975, Antonio Ventura, classe 1990, Potito Santoro, classe 1983, Jacopo Venuti, classe 1995, Marco Rapone, classe 1981, Fausto Capparozza, classe 1978, Giovanni Michele Fontana, classe 1981, Donato Elia Monaco, classe 1991, Ivan Ventura, classe 1981, Marco Guerrieri, classe 1997 e Giacomo Del Borrello, classe 1991.
L’attività d’indagine svolta dal Nucleo Investigativo CC di Foggia, convenzionalmente denominata “Araneo”, trae origine dalla vicenda estorsiva che ha visto coinvolto un noto imprenditore foggiano, “taglieggiato” in particolare da alcuni esponenti di spicco della “Società foggiana”, riconducibili specificamente alla batteria “Moretti-Pellegrino-Lanza”.
“Nel corso della prima fase delle investigazioni svolte – ricordano i carabinieri –, parallelamente ad alcuni elementi indiziari riguardanti il reato di tentata estorsione, erano emersi in maniera consistente anche numerosi elementi di colpevolezza a carico dei soggetti destinatari del provvedimento cautelare in questione, responsabili di far parte di una solida e consolidata associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, il cui promotore è risultato essere Gianfranco Bruno detto “Il Primitivo”, cugino di Rodolfo Bruno, già ritenuto cassiere della “Società foggiana”, assassinato in un agguato in stile mafioso, a Foggia, nel 2018″.
Gianfranco Bruno, grazie ad una spartizione delle zone di “influenza” in seno alla “Società Foggiana”, era a capo di un proprio sodalizio con base logistica ed operativa ubicata a Foggia, con un “raggio d’azione” che abbracciava l’intero hinterland dauno, di cui inoltre fanno parte diversi pregiudicati di spicco della criminalità foggiana come Giuseppe “Prnion” Albanese, Maurizio Lombardi, Luigi Valletta, Giovanni D’Atri e Maurizio Aprile.
Le investigazioni del Nucleo Investigativo CC di Foggia, su diretto coordinamento della DDA di Bari dal 2016 al 2019, sono riuscite a ricostruire le mire espansionistiche del sodalizio in questione nel settore degli stupefacenti, che prevedevano, tra l’altro, la proiezione operativa in ambito extraregionale (in Abruzzo ed in Molise), oltre che in ambito provinciale, con particolare riferimento ai comuni di Vieste e Peschici, grazie soprattutto ai rapporti privilegiati intrattenuti con i referenti dei clan locali, tra i quali Pasquale Notarangelo, vittima di “lupara bianca”, nipote del più noto Angelo Notarangelo, detto “Cintaridd”, assassinato in un agguato in stile mafioso avvenuto, nel 2015, a Vieste e figlio di Onofrio, anche quest’ultimo ucciso nell’ambito della rivalità tra organizzazioni criminali del promontorio.
La base logistica del sodalizio in questione era stata stabilita all’interno dell’abitazione di Bruno, frequentata sistematicamente dai sodali, che la consideravano una sorta di “baluardo inespugnabile”, alla luce proprio della caratura criminale dello stesso Bruno, e che veniva quindi utilizzata come luogo di incontro per la pianificazione e l’elaborazione delle strategie criminali del gruppo.
Tale “covo” era ritenuto difatti un luogo sicuro ed allo stesso tempo strategico per gli equilibri criminali del capoluogo dauno, al punto tale da essere frequentato anche dai maggiori esponenti delle diverse batterie facenti parte della “Società foggiana”, tra cui spiccavano anche Roberto Sinesi, Giuseppe Spiritoso e il figlio Lorenzo, la cui presenza è stata cristallizzata grazie alle videoriprese registrate da un fitto sistema di telecamere accuratamente predisposto, nonché dalle intercettazioni ambientali che hanno permesso – a loro volta – di acquisire numerosi elementi di colpevolezza sia per ciò che concerne il traffico degli stupefacenti, sia per ciò che riguarda le strategie criminali.
Le investigazioni sviluppate hanno permesso complessivamente di sequestrare al sodalizio criminale in riferimento: 1 pistola modificata, cal. 6.35, marca BBM modello 315, priva di matricola, completa di caricatore e 14 cartucce dello stesso calibro; 100 cartucce per pistola, calibro 40 S&W (170 grs – full metal jacket truncated cone bullet); 100 cartucce per pistola, calibro 380 AUTO (95 grs – full metal jacket bullet); 100 cartucce per pistola, calibro 9 x 21 IMI (123 grs – full metal jacket bullet); 730 grammi circa di hashish; 4,5 chili circa di marijuana; 130 grammi di cocaina; 2700 euro in contanti.
Il gruppo criminale, costantemente monitorato con l’attività di indagine, ha potuto contare su un “bacino di utenza” affidabile e stabile per soddisfare il quale, non a caso, Bruno ha dovuto disporre di un numero consistente di fornitori, al fine così di garantire una disponibilità costante di sostanza stupefacente, in buona parte proveniente dalla “piazza” di Cerignola.
In numerose conversazioni intercettate tra gli appartenenti al gruppo criminale è emersa non solo la conoscenza delle sostanze stupefacenti più richieste sulla “piazza” dello spaccio della droga, ma anche di quelle considerate più pregiate, come ad esempio la “Louis Vuitton” e “SD”, che sono specificatamente delle particolari qualità di hashish, così chiamate convenzionalmente per il marchio impressovi sopra.
L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bari, su richiesta della DDA, ha permesso in definitiva di colpire il predetto gruppo criminale a seguito di un’attività di investigazione complessa, connotata da un lavoro minuzioso degli inquirenti, che hanno in particolare intessuto in maniera paziente una “tela invisibile” intorno al sodalizio (da qui il nome convenzionale “Araneo” dato all’indagine), “intrappolandolo” inevitabilmente. Con l’indagine in questione è stata così data un’ennesima importante risposta di legalità al territorio della Capitanata.