La svolta naturalistica degli italiani, alimentata anche per effetto dell’emergenza Covid, spinge il ritorno delle erbe dalla tavola alla farmacia, dalla cosmetica alla moda con un boom che ha portato le superfici coltivate in Puglia ad +298%, con la domanda nazionale salita a 25 milioni di chili. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti Puglia, elaborata in occasione della chiusura del primo corso sulle erbe officinali, aromatiche e mangerecce, organizzato da Coldiretti Foggia, Università di Foggia e dalla ASP Zaccagnino di San Nicandro Garganico.
“Le potenzialità del settore in provincia di Foggia sono notevoli con la produzione di erbe selvatiche che potrebbe più che triplicare con notevoli effetti sull’occupazione e sull’indotto, limitando la dipendenza dall’estero a quelle piante esotiche che per condizioni climatiche e ambientali non sono coltivabili in Puglia. Così come le piante selvatiche potrebbero divenire una valida alternativa in Salento per non condannarlo nuovamente alla monocoltura dell’olivo, dopo il disastro avvenuto a causa della Xylella”, afferma Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia.
Non solo corsi di formazione, il percorso avviato ha portato alla pubblicazione del libro ‘Vie Erbose: Le erbe selvatiche nelle bioculture alimentari mediterranee” di Nello Biscotti e Daniele Bonsanto dell’Università di Foggia, che sin da subito Coldiretti Foggia ha “fortemente condiviso e sostenuto, perché si propone – spiega Piccioni – quale fonte straordinaria di scientifica documentazione della tradizione alimentare delle erbe selvatiche, con nomi dialettali, parti utilizzate, preparazioni culinarie, significatività culturale, che contraddistinguono le comunità pugliesi. Si tratta di un patrimonio di conoscenze intimamente legate alla terra, all’agricoltura, che esprime ancora oggi quella “ruralità” che permea il tessuto sociale e culturale della Puglia e che come Coldiretti intendiamo coltivare e valorizzare proprio per la valenza educativa e formativa oltre che scientifica”, conclude Piccioni.
Sono quasi 300 le piante prodotte che – sottolinea la Coldiretti – grazie alle particolari proprietà vengono utilizzate per scopi erboristici, farmaceutici, cosmetici, liquoristici, culinari, per la preparazione di prodotti per la profumeria, per l’industria dolciaria, infusi, per la difesa delle colture, per l’igiene della persona, della casa o per l’ottenimento di oli essenziali o tinture per l’abbigliamento. Tra le altre – precisa la Coldiretti – ci sono basilico, elicriso, menta peperita, lavanda, stevia rebaudiana, peperoncino, tarassaco, maggiorana, timo, rosmarino, salvia, eucalipto, mirto, stevia e lippia, zafferano, camomilla, echinacea e bardana.
Sono circa 150 le aziende agricole pugliesi impegnate con una superficie coltivata a piante aromatiche, medicinali e da condimento di oltre 450 ettari che coprono però appena il 3% del fabbisogno nazionale, secondo una stima della Coldiretti Puglia sulla base di dati ISTAT.
Ancora ingente il ricorso di piante officinali dall’estero con la Cina – precisa la Coldiretti – è il principale produttore mondiale tanto che circa ¼ delle erbe aromatiche e officinali utilizzate dall’Italia provengono dal gigante asiatico. Si tratta però di prodotti che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori vigenti in Italia come dimostra il fatto che Pechino è ai vertici mondiali per allarmi alimentari secondo l’analisi del sistema di allerta rapido europeo (RASSF)
E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute – conclude Coldiretti Puglia – l’importanza di sostenere gli investimenti nazionali in un settore in forte crescita come quello delle erbe selvatiche e officinali”.