Colpevoli di tentata estorsione, danneggiamento e lesioni. Inflitti 4 anni di carcere a Rocco Moretti junior e Davide Monti. Per i giudici, il giovane Moretti, figlio di Pasquale e nipote del capomafia Rocco, fu il mandante della bomba alla profumeria “Gattullo” nel gennaio 2019 ma avrebbe ordinato anche il pestaggio di un detenuto.
L’attentato dinamitardo fu organizzato allo scopo di convincere i titolari dell’attività a versare il pizzo ai clan della Società Foggiana. A piazzare l’ordigno fu Monti, su ordine del “rampollo” della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza. In secondo grado, i giudici della Corte d’Appello di Bari hanno inflitto 3 anni per tentata estorsione e danneggiamenti e un anno per il pestaggio al giovane nipote del boss, 2 anni e 8 mesi per l’attentato e 13 mesi per le lesioni a Monti.
“Gattullo” fu colpita il 7 gennaio 2019, pochi giorni dopo l’incendio di una friggitoria del centro storico. Vicende per le quali scattarono gli arresti nell’ambito dell’operazione “Chorus”.

Gli investigatori si servirono anche delle dichiarazioni rese agli investigatori da A.S., il quale raccontò che quel giorno di gennaio con il suo scooter accompagnò l’amico Davide Monti presso la profumeria di via Lecce. “A mia insaputa – disse A.S. – Monti piazzò un piccolo ordigno nei pressi della serranda della profumeria causando un danneggiamento” […] “Io sono scappato dopo la deflagrazione lasciando Monti in quel posto. Il motivo del gesto di Monti l’ho appreso nei vostri Uffici direttamente da lui. Mi ha detto che aveva avuto problemi col proprietario della profumeria per questioni di donne”.
Lo stesso Monti, in sede di interrogatorio, parlò di dissidi sentimentali: “Mi sono sentito offeso perché aveva contattato una ragazza che io sentivo in quel periodo. Allora ho comprato un ordigno su una bancarella a Capodanno”. La vicenda fu però smentita dal proprietario dell’attività commerciale e dalle stesse risultanze investigative.
Le vittime spiegarono che Rocco Moretti aveva chiesto loro “se per il fatto della bomba eravamo andati a piangere da qualcuno. Moretti disse che la bomba l’aveva fatta mettere lui e che entro un mese dovevamo iniziare a pagare pure noi la tangente. Io gli dicevo che gli affari ai negozi non andavano bene e lui replicava che avevamo tre negozi e che se non pagavamo ci faceva chiudere lui tutti i negozi. Gli dissi che sapevo che la bomba era stata messa per questioni di donne e mi ha risposto che gli autori del gesto non potevano certo dire alla polizia che si trattava di un tentativo di estorsione. Era stato lui stesso a suggerire agli autori di fornire quella versione in caso fossero stati scoperti”.
Sulla tentata estorsione di Moretti, la prova finale emerse dalle cimici piazzate dagli investigatori in sala d’attesa. Gli inquirenti captarono una conversazione delle vittime durante la quale risultò con chiarezza l’attività minacciosa del giovane criminale escludendo, di fatto, la storia della gelosia.