Non c’è lavoro pubblico a Foggia che non finisca in un vortice di polemiche. L’ultima rissa verbale sul cantiere e sui social riguarda il tratto blu di Corso Roma della nuova pista ciclabile a circuito, che collega la Stazione e il Nodo Intermodale con la sua velostazione all’aeroporto Gino Lisa. Un progetto avveniristico che ha da sempre scatenato ironie e satire, dal momento che gli aerei, ora anche a causa del Covid-19, chissà se mai decolleranno. Già sul Viale XXIV Maggio la pista aveva sollevato dubbi da parte dei commercianti, in quel caso l’iniziale progetto sul marciapiede venne traslato sulla carreggiata per “non togliere spazio ai pedoni”.
Su Corso Roma le istanze appaiono uguali e contrarie. La pista a doppio senso di circolazione bike ricavata sulla carreggiata destra riduce terribilmente la strada veicolare, che resta a doppio senso, e taglia da un lato centinaia di stalli per il parcheggio delle auto. Come se non bastasse la pista, per volontà del Comune di Foggia che li ha voluti anche sulla bretella di Via Castelluccio, presenta un cordolo che insieme al marciapiede produce un esilarante effetto canale con la pioggia, già denunciato ampiamente dal Pd e dai cittadini ieri sui social network.
Ovunque nel mondo le piste ciclabili sono tratteggiate in maniera molto meno decisa con materiali adeguati e corrono lungo i marciapiedi. Da Barcellona a Milano, anche nei quartieri più remoti. I pedoni hanno tutto lo spazio che serve. Il post quarantena con l’esplosione delle bici in strada anche a Foggia ha anche dimostrato che laddove c’è la volontà di usare la bici come mezzo di locomozione, le piste ciclabili servono a ben poco. La mobilità lenta si fa spazio da sé.
I residenti foggiani oggi lamentano la carenza dei parcheggi per gli abitanti di Corso Roma e per quelli delle traverse. “Bello avere la pista ciclabile ma non hanno pensato ai posti riservati che hanno tolto, gli abitanti pagano il pass e sono furiosi. Una mamma con il passeggino o un disabile in carrozzina dove attraversa? La pista è bella, siamo felici, ma ci sono solo delle criticità da risolvere: scivoli disabili e parcheggi blu per i residenti visto che paghiamo i pass”, dicono a l’Immediato.
Tra le tante problematiche c’è anche quella dei negozianti, la pista sottrae infatti il posto riservato per carico e scarico, che ora dovrà essere trasferito sul marciapiede. Senza contare la questione dei bus. I passeggeri saranno costretti ad atterrare sulla pista, senza più una piazzola dedicata.
Se i Cicloamici hanno applaudito al progetto, difendendo anche il canale a loro dire provocato dall’otturazione dei tombini, molti professionisti da settimane irridono la qualità urbanistica della pista e l’assenza di uno studio sul traffico.
“Il danno che ha fatto la pista, e che produrrà, è incalcolabile per le attività commerciali, oltre a creare una problema ai flussi del traffico, genera l’incapacità di parcheggiare in una zona in cui il parcheggio non è episodico, ma è importante anche per la presenza del mercato Rosati, che non ha caratteristiche rionali, ma ha veri e propri effetti urbani. Chi dice incautamente che toglierebbe il mercato Rosati sono le stesse persone che poi si fotografano alla Vucciria di Palermo e che magari hanno già massacrato Piazza Mercato e Piazza Italia. L’urbanistica è una disciplina indeterminata ma ha bisogno di decisioni politiche”, osserva l’architetto Franco Onorati tra i più critici sul progetto.
Alcuni ingegneri rilevano che la pista di Corso Roma non può essere come quelle, perfette, di Corso Garibaldi, perché ci sono gli alberi che impediscono una pista realizzata sul confine del marciapiede. Ma per Onorati il problema è un altro. “A Corso Roma abbiamo palme ed aceri, alberi che non fanno molta ombra. Si ha anche un problema di aiuole in cattivo stato di gestione, utili solo come dog area, oltre ad un problema di arredo urbano, c’è infine un cantiere da anni all’angolo del mercato Rosati. Questa poteva essere l’occasione per ridisegnare il Corso e i suoi marciapiedi. Chi sono i tecnici di questa pista? Nella merda non si riesce neanche più a nuotare perché è diventata secca”.
L’architetto fa un ragionamento più ampio. Quella pista così impattante può essere buona se ci fossero molti parcheggi, uno su tutti quello mai realizzato su Piazzale Italia, che non ha sottoservizi, ed è stata disegnata nel 1894 proprio per scavare un piano sotterraneo. “Lì si può fare il parcheggio, non si trovano fogne, se non hai delle isole di parcheggio che dedichi a servizio della mobilità urbana, non puoi disegnare quelle piste ciclabili. Non entro nel merito del codice della strada, non so se la pista poi sia sicura per i ciclisti”. Stando ad alcune informazioni dei tecnici, si sarebbero anche dei problemi sulla gara della pista in questione, con i soliti ricorsi e una assegnazione in subappalto, tra aziende amiche.
Critico anche l’architetto Roberto Pertosa: “Le caditoie per far defluire l’acqua piovana nei canali di scolo sono probabilmente ostruite, o sono state evidentemente chiuse, o non esistevano affatto. A ognuno di questi eventuali “irrilevanti inconvenienti” (ironia) si può facilmente rimediare con “piccoli” interventi puntuali. Ma parlare ancora ed esclusivamente di pavimentazioni, di pendenze, di segnaletica, che sono ovviamente elementi fondamentali per una realizzazione a regola d’arte, è un errore madornale che distoglie furbescamente l’attenzione dal vero problema, quello serio. Le problematiche, infatti, sono ben altre. Si dovrebbe parlare invece di progettualità, di pianificazione, di competenze. Si dovrebbe parlare di mobilità sostenibile ad ampia visione. Di percorrenze che si sovrappongono, ahimè, in maniera scomposta, vanificandosi tra loro. Le piste ciclabili non devono avere interferenze con viabilità di diversa tipologia, soprattutto carrabile, perlomeno non della portata di Corso Roma, e con quelle caratteristiche congestionali e di inquinamento ambientale e acustico.
Questo surrogato di pista ciclabile è scandalosamente poco sicuro, con quella serialità di ingressi secondari che si immettono nell’arteria principale, trafiggendo sanguinosamente e ripetutamente la pista ciclabile, e con fermate di autobus rimaste nella loro posizione originaria che costringono i fruitori dei mezzi pubblici all’attraversamento “temerario” della pista”.