Focolai nei reparti attivati da persone che avrebbero nascosto i sintomi del Coronavirus. Decine di medici, infermieri e operatori contagiati da questo meccanismo perverso a Casa Sollievo della Sofferenza. L’ultimo caso oggi in Pronto soccorso, dove un uomo ha evitato di riferire la propria condizione reale finendo nel percorso “pulito”. Il paziente, secondo le informazioni disponibili, si sarebbe sfebbrato con la Tachipirina prima di arrivare all’ospedale di San Pio. Una volta dentro, i sanitari si sono insospettiti dalla tosse persistente e hanno adottato tutti i protocolli previsti. All’esito degli approfondimenti, è stata riscontrata la positività al Coronavirus.
Per questo è stato necessario sospendere le attività per un paio d’ore, il tempo necessario per la messa in sicurezza degli ambienti, visto il transito del paziente in diversi locali del reparto. Dunque, a San Giovanni Rotondo, città che fa registrare il record di contagiati, c’è preoccupazione per questi “casi-cerino” pronti a far partire nuovi focolai di contagio. L’Irccs, ribattezzato “caso 0” in Regione, continua ad essere costantemente monitorato dopo l’esclusione iniziale dalla rete Covid regionale della prima fase: il governatore Michele Emiliano, infatti, aveva deciso di commissariare la governance, nella fase emergenziale, con la supervisione del direttore del Policlinico “Riuniti” di Foggia, Vitangelo Dattoli. Secondo il direttore generale, Michele Giuliani, proprio dall’esclusione iniziale sarebbero nati tutti i problemi: “All’inizio, quando non eravamo ospedale Covid, ci arrivavano molti pazienti urgenti positivi e non lo sapeva nessuno, nemmeno gli operatori del 118“.
“Abbiamo avuto diverse situazioni preoccupanti, anche in Oncologia pediatrica con il contagio di 5 operatori, ma adesso la situazione è sotto controllo – spiega a l’Immediato il dg -. L’aspetto grave, in questo periodo, è quello verificatosi in Pronto soccorso. Purtroppo queste situazioni capitano, in Pediatria abbiamo avuto il caso di una persona con la febbre – condizione non riferita – che ci ha creato non pochi problemi. Questo è una questione serissima. Non ci sono solo gli asintomatici: c’è gente che ha sintomi e li nasconde. Ne abbiamo avuti più di uno”.
“Il paziente cardiopatico, per esempio – prosegue –, che non ci dice che il figlio è tornato da Milano. Entrano in ospedale con problemi di questo tipo o fratture e poi, dopo una settimana, vengono fuori sintomi e contatti con persone. È impossibile fare gli inquirenti, perché magari la gente arriva senza sintomi ma è già positiva”.
“Non si comprende questo atteggiamento, perché siamo attrezzati con sale operatorie per intervenire su pazienti positivi. Se lo sappiamo ci regoliamo di conseguenza, mettendo in sicurezza sia il paziente che gli operatori. Anche in Cardiochirurgia. C’è un’area grigia che non controlliamo, nonostante percorsi, termoscanner e controlli di ogni genere, perché il paziente si è positivizzato e non ci riferisce nulla.
Un mese fa era complicatissimo, con tutto il movimento delle persone, i flussi da Nord a Sud, il ritorno nelle famiglie che ha fatto disastri. Per fortuna i provvedimenti sul distanziamento sociale hanno migliorato tutto. Al momento, continuiamo a trattare i pazienti nell’area Covid”. Nei prossimi giorni dovrebbe rientrare anche il primario del Pronto soccorso, Di Pumpo, contagiato mentre era in prima linea nel periodo critico della pandemia. Due pazienti non dichiararono i sintomi e “mandarono in quarantena due turni del reparto”. “Abbiamo tamponato – conclude -, non potevamo fare nuove assunzioni per ragioni di bilancio, ma ci siamo riorganizzati e, grazie al sacrificio di tutti, siamo riusciti a sopperire alla importante carenza d’organico”.