Colpo di scena nel processo ai cugini Giovanni e Claudio Iannoli (in alto a sinistra) arrestati nell’inchiesta “Scacco al Re” con l’accusa di aver provato a uccidere il boss di Vieste, Marco Raduano alias “Pallone”. Dopo la richiesta dell’accusa a 18 anni di carcere a testa presentata a inizio dicembre 2019, ecco ora la possibile svolta.
Giovanni Iannoli, 33 anni, ha confessato di aver tentato di uccidere Raduano agendo insieme a Gianmarco Pecorelli, 20enne rimasto ucciso a giugno 2018 nella guerra tra clan Raduano e clan Iannoli-Perna. Iannoli ha detto ai giudici di aver provato ad eliminare il rivale per vendicarsi di un pestaggio subito tempo prima e non per la faida di Vieste finalizzata al controllo dei traffici di droga. Il 33enne ha inoltre scagionato il cugino Claudio, 10 anni più anziano. L’agguato risale al 21 marzo 2018.
Il legale di Claudio Iannoli ha quindi chiesto l’assoluzione del suo assistito. L’avvocato di Giovanni ha chiesto invece la condanna al minimo della pena con esclusione dell’aggravante della mafiosità e concessione delle attenuanti generiche. Sentenza a marzo.
Il processo si sta svolgendo a Bari con il rito abbreviato; Giovanni Iannoli detenuto a Siracusa, Claudio a Terni lo stanno seguendo in videoconferenza. In “Scacco al Re” era indagato anche Girolamo Perna, ritenuto mandante dell’agguato e boss del clan rivale a quello di Raduano. Ma il nome di Perna è stato depennato in quanto il giovane è rimasto ucciso il 26 aprile del 2019. “Pallone”, invece, è rinchiuso nel carcere di Nuoro.
La DDA non crede alla storia della vendetta e insiste sul fronte mafioso: i due Iannoli, stando all’accusa, avrebbero agito “per agevolare la compagine criminale facente capo a Perna – recita il capo di imputazione –, nell’ambito della violenta guerra di mafia intercorsa con la fazione contrapposta facente capo a Raduano, e mirante ad acquisire il controllo criminale del territorio viestano e l’assunzione del monopolio nella gestione e commercio degli stupefacenti e delle altre altre attività illecite, così da acquisire risorse necessarie per garantire la sussistenza e l’espansione del clan”.