Comitato di Sicurezza e Ordine Pubblico allargato ed aperto alla cittadinanza all’Università di Foggia insieme al Magnifico Rettore Pierpaolo Limone, al commissario straordinario del Governo antiracket e antiusura Anna Paola Porzio e il magistrato della Direzione nazionale antimafia Giuseppe Gatti. Tantissimi i temi sul tavolo con alcune testimonianze estremamente forti dagli studenti e dai protagonisti nazionali della lotta alla criminalità organizzata. Presenti tutte le autorità del territorio, le associazioni del fronte della legalità che già ieri sono state 4 ore con Porzio in Prefettura, i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli imprenditori di Confindustria rappresentati da Gianni Rotice, Ivano Chierici, Paolo Lops e Annj Ramundo, le società civile che si è resa protagonista della marcia dei 20mila di #FoggiaLiberaFoggia del 10 gennaio.
Assente solo il sindaco di Foggia Franco Landella, che ha inviato come delegato il suo assessore al Contenzioso Sergio Cangelli.
“Foggia è nostra e dobbiamo riprendercela”, hanno detto i vari rappresentanti degli studenti intervenuti.
Il magistrato Gatti ha parlato lungamente dei vincoli di mafia e vincoli di famiglia, ripercorrendo le tappe della mafia foggiana. Da Cutolo alla Strage del Bacardi, fino ai cartelli con la mafia albanese.
“La vera forza della mafia non sono le minacce e le violenze ma la protezione che essa assicura ai commercianti e agli imprenditori, la cui unica agibilità per fare il loro lavoro è la protezione dei mafiosi. Il racket qui si con le liste, come le cartelle di Equitalia. Alcuni anni fa un testimone mi spiazzò. Mi disse: il mio problema non è testimoniare, il mio problema è che una volta fatto, nel mio bar non entrerà mai più nessuno. La potenza di questa mafia è nel caffè che nessuno sarebbe più andato a prendere in quel bar, nella scelta personale che generava il senso dell’isolamento. Reagire alla mafia significa vincere questa maledetta paura. Dobbiamo sviluppare la cultura dell’incontro, dobbiamo sviluppare la legalità circolare, il noi dell’articolo 2 della Costituzione deve diventare il nostro modo di lavorare contro la mafia. Da noi si parla una sola lingua. 20 operazioni antimafia sono tante. Questo è un momento cruciale, quando la mafia attacca in maniera così scomposta è perché si sente debole. La mafia a regime vuole ambientalizzare la minaccia estorsiva, come in una normale società di assicurazione. La violenza è l’estrema ratio. La destrutturazione militare delle famiglie mafiose è compito dello Stato, ma la destrutturazione del radicamento sociale è compito della società, che deve aderire ad un patto educativo. È una scelta di modelli educativo, perché la mafia è un crimine di sistema: il modello egoistico è un modello mafioso”.
Gatti ha ricordato ancora una volta il miracolo della comunità di Vieste dopo il 2008 con la nascita dell’associazione antiracket. Tre pullman da Vieste riempirono l’aula della Corte d’Assise. “Gli imprenditori si sono presi per mano. Qui non si chiede il coraggio individuale ma collettivo. Abbiamo bisogno di riprenderci in mano il territorio, e possiamo farlo solo insieme perché insieme è possibile”.
Anche Luigi Ferrucci neo presidente del Fai, l’associazione di Tano Grasso che ha 30 anni di storia, ha rammentato la sua storia, quando insieme al fratello è stato intimidito nel suo negozio di Castel Volturno da un ragazzo del clan dei Casalesi.
“Io non conosco persone che sono state lasciate solo dopo aver denunciate. Non c’è altra via della denuncia, è possibile farlo con ragionevole sicurezza. Lo Stato è dalla nostra parte e ci è vicino”.
Il tema della denuncia è stato ribadito con forza dal confindustriale Gianni Rotice, dal presidente della Fondazione Antiusura Buon Samartano Pippo Cavaliere, dal senatore Marco Pellegrini e dal consumerista Walter Mancini, c’è una rete di sostegno e collegamento, ci sono imprenditori foggiani che hanno rotto il muro dell’omertà. Dai fratelli Vigilante al trader del grano Giovanni Santacroce.
Don Antonio Coluccia, salentino di Specchia, vive a Roma dove insieme alla comunità gestisce un bene confiscato al clan della banda della Magliana. È sotto scorta per le minacce del boss Salvatore Nicitra. È stato anche sparato.
“Anche la Chiesa deve decidere da quale parte stare. L’omertà non è una attitudine cristiana. Dobbiamo comunicare la speranza, la speranza diceva Sant’Agostino è dei figli e abita dentro i giovani, che devono avere indignazione e coraggio. I giovani devono continuare ad avere sogni e riappropriarsi di questa terra, che non può essere assoggettata alle organizzazioni criminali con un braccio militare”, ha esplicitato con grande carisma, commuovendosi all’inizio.
Nette le parole della professoressa Donatella Curtotti, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Unifg. “I ragazzi hanno voglia che questo territorio cresca e hanno voglia di rimanere qui. Noi forniamo buoni giuristi dall’animo puro. Entreremo in quei quartieri difficili, prendendoci gli spazi, le nostre aule non saranno più le aule della nostra università, ma saremo in quei quartieri. Lavoreremo con i bambini, faremo fare sport con i bambini. I nostri studenti sono 11milia, li buttiamo dentro al territorio e vediamo che succede”.
Toni critici dai meridionalisti con Pasquale Cataneo e Raffaele Cariglia, in rappresentanza del Movimento 24 agosto di Pino Aprile. “Nel Pon Legalità alla Puglia e alla Capitanata è arrivata la cifra più piccola d’Italia. La chiusura dei tribunali ha fatto il resto. Laa competenza del tribunale di Foggia si estende su un territorio che è più grande di ben tre singole regioni italiane (Liguria, Molise, Valle d’Aosta), con una popolazione più che doppia del Molise che, pur avendo moltissimi problemi in meno sul versante giudiziario rispetto alla Capitanata, ha però tre Tribunali e la Corte d’Appello. E che dire, ad esempio, delle precarie condizioni infrastrutturali e di personale in cui sono costretti ad operare da allora nel Palazzo di giustizia foggiano tutti gli operatori”.